«Non c’è nulla di nero
all’orizzonte del Lecco»

Intervista con il vicepresidente Gino Di Nunno . «Io mi sono innamorato del bluceleste e sto spingendo per fare il meglio».

L’addio di Domenico Fracchiolla al Lecco, che a molti è sembrato più un arrivederci, ha lasciato il segno anche in società.

Il vicepresidente Gino Di Nunno, amico oltre che datore di lavoro di Fracchiolla, non ha ancora digerito l’addio, anche se, bisogna dirlo, sarebbe bastato forse un rilancio convinto, un biennale, una promessa di lunga durata, per trattenere Fracchiolla che da Lecco non se ne sarebbe mai andato.

Vicepresidente, chi è per lei Domenico Fracchiolla?

Per me è un fratello. Grandissima persona, grande professionista, ma purtroppo quest’anno di garanzie non ne potevamo dare. Si è accasato da un’altra parte. A Francavilla, mi pare, anche se non è ufficiale. Le prospettive per andare avanti ci sono. Ma tante sono le chiacchiere.

Di Nunno, insomma, lei parla di trattative mai nate, di informazioni mai richieste…

Guardi, è arrivato un fondo sudamericano che prima ci ha detto di voler guardare i conti e poi non si è più fatto sentire. Cosa dobbiamo pensare? Noi ci stiamo mettendo oltre il cuore anche il portafoglio e non da quest’anno, ma non possiamo continuare così.

Il che fa preoccupare. Senza Di Nunno e senza un compratore, si torna indietro nel tempo. No? Come andrà a finire?

Che se non si avvicina nessuno faremo una squadra giovane, ma competitiva. Anche con un nuovo direttore sportivo. E poi ricordatevi che abbiamo vinto con Gaburro senza direttore sportivo.

Ma eravamo in serie D. Con tutto il rispetto, il professionismo è altra cosa, no?

Certamente, ma in C si può ripetere la stessa esperienza: fare bene anche senza ds. E poi con Fracchiolla siamo sempre in ottimi rapporti. Ci fidiamo di lui e dell’aiuto esterno che ci potrebbe dare. Noi gli abbiamo chiesto tempo, in realtà, prima che firmasse la risoluzione, ma lui non poteva darcelo. Lo capiamo. Ma ripeto: noi non potevamo dare garanzie per più di una stagione. Se dovesse venire un acquirente, poi, parliamoci chiaro: meno contratti ci sono, più possibilità ci sono che lui acquisti.

Il costo del Lecco, però, che più volte è stato agitato dal patron Paolo Leonardo Di Nunno, ovvero i due milioni, non sono fuori mercato?

Non ci sono due milioni di euro in ballo. La cifra è trattabile. E poi potremmo restare anche se ci fosse qualche sponsor importante, oltre a Enzo Pirovano delle Cantine Pirovano che ci dà una grande mano o Linee Lecco che anch’essa ci aiuta molto. Se ci fosse qualche azienda importante, a sostenerci, allora l’ipotesi cambierebbe. Ci piacerebbe molto collaborare con gente nuova.

E il Comune?

Lasciamo stare… So solo che paghiamo 50mila euro per i campi al Bione per un campo a 11 in sintetico… Questo è l’aiuto...

Ma, sia sincero, si potrebbe anche profilare l’ipotesi di un fallimento?

State pure tranquilli, non c’è nessun nero orizzonte davanti. In cinque anni abbiamo dimostrato di fare cose egregie. Io il primo anno non c’ero a Lecco e avevo sconsigliato mio padre di intraprendere questa avventura. Ma ora mi sono innamorato. E sto spingendo per fare il meglio per questi colori. Ma è difficile andare avanti così. Arrivi a fine anno che sei a pezzi…

Anche perché durante la pandemia il vostro lavoro si è praticamente fermato

Ora il nostro lavoro in ditta si sta muovendo, ma non è tornato quello che era prima del Covid. Una volta era tanta roba, ma con la crisi mondiale i videogiochi sono diventati l’ultima delle preoccupazioni. Abbiamo problemi anche con i microchip, le materie prime. Comunque, il nostro prodotto è buono, ma con gli aumenti, vendere questi prodotti è sempre più difficile.

Forse, tornando al Lecco, la indifferenza lecchese è data anche dalle dichiarazioni roboanti di suo padre?

Non c’è riconoscenza. Capisco che a volte mio padre parla male, ma i fatti contano. E quelli sono lì da vedere. Parlano chiaro.

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