Lepore forgiato dalla fabbrica: «Producevo i porta saponette»

“Checco” sempre decisivo nelle ultime partite. «Mi piace veramente dare l’esempio ai giovani, in campo e non a parole»

È l’anima di questo Lecco nello spogliatoio, Franco Lepore, 38 anni il prossimo 16 agosto. In una sola stagione è riuscito a diventare un mito bluceleste. Ha tirato il rigore decisivo contro il Cesena. Poi la punizione della vittoria a Foggia. Salentino, di Lecce, Franco “Checco” Lepore è il giocatore che tutti gli allenatori vorrebbero in squadra: dove lo metti gioca. Nel Lecco ha fatto il difensore, l’esterno e l’interno di centrocampo. «Gli manca solo di fare il portiere» ha dichiarato Foschi a Foggia. Si adatta perché ha un’intelligenza tattica non comune e perché ha sempre curato il proprio fisico in maniera maniacale.

Trenta presenze e un gol in campionato. Ma soprattutto una carica e una serenità degna di palcoscenici maggiori.

«Uno spogliatoio sereno»

Intervistato dai colleghi foggiani, nel rovente dopo partita dello “Zaccheria”, ha risposto a tono a chi pretendeva di fargli dire che il suo intervento era da rigore e che il gol di Ogunseje era da convalidare. Non perché non ci siano dubbi su entrambi gli episodi, naturalmente, ma perché ogni giocatore, anzi ogni persona, deve essere libera di poter dire quel che pensa in Italia.

Dovrebbe, almeno. L’atmosfera, però, è ancora così: rovente. Ma lui, Lepore da Lecce, è tranquillo, sereno. E carico: «Vero. Siamo carichi a mille. Sapevo che a Foggia avremmo trovato un ambiente del genere. Ci sta. Ma aver vinto non è decisivo: la partita è solo al suo primo tempo. Ora c’è da giocare il secondo, sapendo che il Foggia è una buonissima squadra e che ha rimontato tanti risultati, in precedenza. Si dovrà stare attenti dal primo all’ultimo secondo della partita. Il clima all’interno dello spogliatoio è sereno, sapendo che, comunque, abbiamo fatto un passettino avanti e che domenica ci giochiamo davvero tutto».

Questa serenità viene da anni sofferti. Da grandi sacrifici. Da momenti difficilissimi a livello umano, prima ancora che sportivo. Con i “grandi” comincia già a 17 anni. Va fuori da Lecce, a Copertino in provincia di Lecce. E poi la prima esperienza professionistica la fa a Castelfranco Emilia, alla Virtus, a 18 anni in serie D. «Io andavo a lavorare in fabbrica otto ore, tramite l’allenatore della Berretti che lavorava in quella fabbrica. Facevo i porta saponette, gli accessori bagno in plastica. Poi tornato a casa, la doccia, riposavo e andavo ad allenarmi alle 19. Ho cominciato così».

In seguito le tante esperienze e i tanti gol segnati in giro per l’Italia da Varese al Lecce, dal Monza alla Triestina. In mezzo una squalifica di dieci mesi per aver finto l’infortunio in Salernitana-Nocerina stagione 2013-14. Gli ultrà della Nocerina, ricevuto il divieto di recarsi all’Arechi di Salerno, avevano costretto i propri calciatori a non giocare, e la Nocerina aveva perso per mancanza di giocatori in campo: si erano tutti infortunati durante la gara.

«Eravamo stati minacciati di morte - si limita a spiegare Lepore -.E in dieci siamo stati squalificati per quella gara».

«Quell’altro momento difficile»

Ma sicuramente anche quell’episodio, pesantissimo a livello personale, lo ha fortificato: «Ci sono stati dei momenti no - ammette - e io sono stato bravo a non mollare mai e a credere sempre in me stesso. Oltre a Nocera un altro momento difficile l’ho vissuto a Lecce. Avevo vinto il campionato 2009 2010 per andare in serie B e mi sono rotto la caviglia e gli ultimi due mesi non li ho giocati. Avevo 24 anni. Ma tutto è alle spalle. E, in fondo, tutte queste cose mi sono servite».

Lecco segna un’altra stagione “da 10 e lode” per lui. «Mi piace essere un esempio per i giovani, dare l’esempio concreto, in campo, non a parole. Aiutando e sgridando. È bella anche per questo, questa stagione: avere la fortuna di aver trovato dei giovani validi soprattutto a livello mentale, dei lavoratori, forti tecnicamente e qualitativamente».

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