Infortuni sul lavoro, le «testimonianze dei sopravvissuti» in mostra a Sondrio

La mostra “I segni del mestiere. Testimonianze di sopravvissuti dal fronte lavoro” è stata inaugurata all’istituto De Simoni-Quadrio grazie all’iniziativa di Giorgia Lauretta, responsabile locale dell’Anmil, l’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro.

«Spesso la comunicazione sulla sicurezza sul lavoro non è abbastanza efficace. Ciò è senza dubbio paradossale, visto che – tragicamente – nel mondo ogni quindici secondi si registra un morto e, sempre nello stesso spazio di tempo, 153 lavoratori in media riportano un infortunio». Sono cifre impressionanti, inaccettabili, che parlano da sole. Tuttavia, a rendere ancora meglio questa situazione sono le storie e i racconti di chi è rimasto segnato per sempre da una simile vicenda: proprio da qui è partito il lavoro di Lorenzo Campagnari, fotografo 23enne di Mantova, autore della mostra “I segni del mestiere. Testimonianze di sopravvissuti dal fronte lavoro” inaugurata all’istituto De Simoni-Quadrio grazie all’iniziativa di Giorgia Lauretta, responsabile locale dell’Anmil, l’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro.

Gli scatti – che hanno ottenuto il patrocinio del Comune di Sondrio e che rimarranno esposti nell’atrio della scuola fino al 12 aprile – non necessitano di molti commenti: la potenza della foto, in questo senso, è eloquente al massimo. E poi bisogna dire che, dietro alla passione e al talento di Campagnari, si cela un obiettivo ben più profondo. «Nel realizzare la mostra, nata come tesi di laurea e affiancata anche da un documentario e da un libro, mi sono proposto di fare qualcosa che possa durare e che mostri un aspetto di me e della mia famiglia».

Il giovane fotografo, infatti, conosce bene la piaga degli infortuni sul lavoro, avendo vissuto da vicino – all’età di otto anni – il dramma legato all’incidente del padre Fortunato: cadendo da una scala, l’uomo si è fratturato le vertebre c6 e c7, rischiando la completa paralisi. La sua è una delle storie che caratterizzano la mostra, pensata proprio per riflettere sul valore della prevenzione e sulla necessità della tutela durante lo svolgimento della propria professione.

«Ho scelto il mezzo della foto – prosegue – per mostrare quelle cicatrici, più o meno evidenti, che segnano per sempre la vita degli infortunati e delle vittime. È un modo, a mio parere, molto più di impatto delle metafore che spesso si raccontano per parlare di sicurezza sul lavoro: questo tema ci chiede di essere diretti».

Anche Ester Intini, intervenuta ieri mattina a Sondrio, compare nella mostra fotografica di Campagnari. Una presenza importante, la sua, perché la memoria di quanto è accaduto al figlio mai vada perduta, ma – al contrario – possa essere di esempio per molti. Era il 10 aprile del 2019 quando Gabriele Di Guida, 25 anni, morì nell’azienda per la produzione di contenitori metallici in cui lavorava come capolinea: intervenuto per sistemare una sbavatura nel macchinario per la verniciatura della lamiera, vi rimase intrappolato e fu stritolato per 28 interminabili minuti. «Ciò che è mancato a mio figlio – ha spiegato, con ammirevole coraggio e generosità, la madre Ester agli studenti dell’istituto De Simoni-Quadrio presenti all’inaugurazione – è stata la formazione. Vorrei tanto che la testimonianza della sua scomparsa sia per voi, ragazzi, il primo dispositivo di sicurezza: ricordatevi, per quando inizierete a lavorare, di aver sempre cura di voi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA