Agricoltura di montagna, Coldiretti Sondrio: «Situazione grave quella dei selvatici fuori controllo»

Il presidente provinciale Sandro Bambini torna sulla vicenda del sospetto caso di meningoencefalite delle zecche in relazione al camoscio rinvenuto in Val Gerola

Monitoraggio e prevenzione a tutela dell’agricoltura di montagna. Torna sulla questione degli animali selvatici e dei predatori, Coldiretti di Sondrio con un appello rivolto alle istituzioni. Lo fa a qualche settimana dal grido di allarme lanciato in occasione dell’assemblea “Orgoglio Coldiretti” quando denunciò la sempre più complicata convivenza tra mondo agricolo e fauna selvatica. Ad offrire il gancio per tornare sull’argomento è ora il sospetto caso di meningoencefalite delle zecche in relazione al camoscio rinvenuto in Val Gerola.

«Lontani dal voler alimentare allarmismi e, a prescindere dal risultato delle analisi sul camoscio – dice Sandro Bambini, presidente dell’associazione degli agricoltori -, viviamo una situazione che non ci tranquillizza affatto. Quella dei selvatici fuori controllo è una situazione grave, che insieme alla conferma della presenza di branchi di lupi nel settentrione lombardo e alle crescenti predazioni non ci lascia tranquilli: riteniamo sia imperativo tutelare il futuro di agricoltura e allevamento nelle zone montane o collinari, ovvero quelle più sensibili e a rischio di abbandono. Il presidio degli alpeggi e delle aree più periferiche non può prescindere dalla presenza dei giovani allevatori che ne tutelano il territorio e, con la loro cura, prevengono quei gravi dissesti idrogeologici che, invece, si verificano, anche sul territorio, nelle aree dove la presenza delle aziende agricole è assente o minore. Siamo più che disposti a un confronto ma la soluzione va trovata».

Anche perché continuano a ripetersi danni e aggressioni ai capi di bestiame nelle province del settentrione lombardo. «La presenza dei giovani che si dedicano all’allevamento e alla transumanza, da qualche anno elevata a patrimonio dell’umanità è importantissima - continua Bambini -.Un risultato, questo, che deve impegnare e responsabilizzare ognuno, nei rispettivi ruoli, per garantire futuro e sopravvivenza a queste imprese, che si trovano a fronteggiare non pochi problemi “operativi” come quello, appunto, della fauna selvatica a più riprese ha colpito anche i pascoli in quota. Le riunioni e le assemblee tenute da Coldiretti sul territorio hanno evidenziato la priorità di intervenire sul tema selvatici e va assolutamente riconosciuta l’azione di tutela e presidio del territorio svolta dalle imprese che operano in altura: grazie a loro, ci sono vita e futuro assicurati sia per la montagna, sia per la ruralità che ne è tipica: mi riferisco, innanzitutto, a una tradizione casearia antica e unica al mondo, così come alla necessità di preservare la biodiversità anche in ambito zootecnico. Ma il problema riguarda un po’ tutti i comparti agricoli delle nostre valli».

Secondo Coldiretti la proliferazione soprattutto di cervi e cinghiali sul territorio valtellinese ha raggiunto numeri non più tollerabili, con danni sempre più ingenti e invece indennizzi che l’associazione non stenta a definire ridicoli. I problemi maggiori derivano da ungulati e cinghiali. Questi ultimi, peraltro, sono il maggior pericolo anche per i cittadini: nel 2023 in Italia ci sono stati 170 incidenti stradali con morti e feriti causati proprio dall’impatto con cinghiali e altri animali selvatici, secondo l’analisi Coldiretti su dati Asaps, in aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. Ai danni alle coltivazioni si aggiunge poi l’allarme per la peste suina africana che rischia di mettere in pericolo gli allevamenti suinicoli sul territorio e, con essi, un settore che tra produzione e indotto vale circa 20 miliardi di euro.

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