«Gli infermieri dal Sudamerica?
Nessun controllo»

Posti vacanti Franzini, presidente dell’Ordine locale, commenta l’arrivo di personale all’Asst di Varese «Modalità non ottimale, manca del tutto la vigilanza»

«Mancano almeno 200 infermieri in provincia di Sondrio, sia nella sanità ospedaliera sia in quella territoriale, con gravi difficoltà soprattutto in quest’ultima, però, secondo l’Ordine delle professioni infermieristiche della Lombardia e della provincia di Sondrio, la strada seguita dall’Asst Sette Laghi di Varese di assumere personale infermieristico proveniente dal Sudamerica non quella ottimale».

La realtà locale

A dirlo è Giuseppe Franzini, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche della provincia di Sondrio, a sua volta infermiere in Rianimazione a Sondalo, che ben conosce la realtà ospedaliera e territoriale della provincia di Sondrio e che è del tutto consapevole dell’effetto calamita esercitato dalle strutture della vicina Svizzera sul nostro personale.

Il caso Svizzero

«Premetto che non abbiamo nulla contro gli infermieri che arrivano da altri Paesi - tiene a precisare - tenuto conto che noi stessi emigriamo regolarmente per lavoro. Pensiamo a quanti colleghi scelgono le strutture della vicina Svizzera, però anche in questo caso, pur non essendoci un corrispettivo dell’Ordine delle professioni infermieristiche in Svizzera, viene chiesto loro di documentare l’iscrizione all’Ordine in Italia. Invece noi che tipo di controllo, o per essere più precisi, di vigilanza, possiamo esercitare sugli infermieri che arrivano dal Sudamerica? Nessuno. Non transitano in alcun modo dagli Ordini professionali italiani e non vengono censiti neppure nei registri che abbiamo e che sono dedicati agli stranieri».

Fino all’approvazione, nel febbraio scorso, del decreto Milleproroghe, la registrazione veniva effettuata, tant’è che esistevano due registri presso gli Ordini, uno dedicato agli infermieri ucraini uno a tutti gli altri professionisti stranieri «ma il problema è che il Milleproroghe, da febbraio, ci ha tolto ogni potestà di controllo e di vigilanza sugli infermieri stranieri operativi sul territorio nazionale - dice Franzini -, che possono lavorare senza essere iscritti in alcun modo agli Ordini e questo, a nostro avviso, non va bene. Perché non è garantito un controllo adeguato sul titolo di studio conseguito, sulle competenze e sulla capacità di parlare in modo consono la lingua italiana, una verifica dei requisiti che, a nostro avviso, è imprescindibile.

Il Milleproroghe demanda la vigilanza alle aziende sanitarie, autorizzate, quindi, ad assumere personale straniero come fatto dall’Asst Sette Laghi, ma gli Ordini non sono coinvolti dal punto di vista della vigilanza».

La situazione a Varese

Anche se, per quanto potuto apprendere, l’Ordine delle professioni infermieristiche della provincia di Varese è coinvolto nel processo di formazione sul campo in atto degli 11 infermieri paraguayani e dell’infermiera argentina giunti a Varese dopo aver partecipato al bando di assunzione emesso dall’Asst Sette Laghi.

Entreranno in servizio fra la metà di questo mese e quello di febbraio, previo, appunto, un periodo di formazione in loco, curato da Aurelio Filippini, presidente dell’Ordine degli infermieri della provincia di Varese, che in questo modo cercherà di testare il grado di preparazione dei colleghi e l’auspicio di Guido Bertolaso, assessore regionale al Welfare, è che questa iniziativa si replichi in tutte le Asst lombarde.

«In provincia di Sondrio un tentativo era stato fatto proprio con il Sudamerica per avviare l’ospedale di comunità di Morbegno - ricorda Franzini -, ma naufragato, e non mi risulta che ce ne siano altri in fieri, però ripeto, per noi questa non è la modalità corretta per procedere. L’autorizzazione e la vigilanza degli Ordini è importante. Anche per i nostri infermieri che vanno all’estero è richiesto un certificato di “good standing” rilasciato dal ministero della Salute».

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