“Dagli Appennini alle onde”, storia di un’indomita passione

In quest’opera, l’autore Davide D’Innocenzo racconta la storia di una passione scoperta fin da bambino, coltivata con determinazione e impegno , temprata da vittorie, sconfitte, agonismo, delusioni, sacrifici e conquiste. Non tutti hanno la fortuna, se di fortuna si tratta, di scoprire subito la propria passione: sei anni spesso non sono sufficienti a inquadrare un sentimento tanto intenso e ognuno necessita del proprio tempo, maggior maturità e consapevolezza, per poterlo scoprire. Sei anni è proprio l’età in cui l’autore si iscrive alla sua prima scuola di calcio , già desideroso di competere e continuare a migliorare : racconta gli albori della sua passione, di come fosse sempre intento a palleggiare e rincorrere qualsiasi pallone, lattina, pallina da tennis o di carta e anche i ricci degli ippocastani che gli capitassero a tiro; descrive minuziosamente l’inebriante sensazione di appagamento delle sue prime partite e la forza che trae da ogni competizione, anche amichevole.

“Dagli Appennini alle onde”, è la storia di una vivida passione, tanto forte da mettere alla prova la volontà e da guidare i passi di Davide D’Innocenzo attraverso il mondo che gli spalanca di fronte agli occhi. Il calcio per lui non è una passione superficiale, quella tipica formula con cui si identificano i molti ragazzi a cui semplicemente piace giocare a calcio, ma è una spinta istintiva, un sentimento ben più radicato rispetto a molti suoi coetanei, ma che nasce e cresce proprio nei campetti e nelle piazze in cui ha condiviso quei momenti di sana competizione con i suoi amici d’infanzia.

Non si tratta però di una passione cieca, inconsapevole o ingenua, ma l’autore ne descrive accuratamente il suo evolversi attraverso i dubbi e le le aspettative, racconta che vivere di sola passione può significare semplicemente nutrire un’illusione , dimostra la necessità di mantenere i piedi ben saldi per terra anche quando ci si confronta con un sentimento tanto travolgente che vorrebbe trascinarti con sé senza lasciarti tempo di pensare alle conseguenze: rivela però che, nonostante le sue precauzioni, arrivò per lui il giorno in cui si rese conto di non poter vivere senza l’odore del prato che gli riempie i polmoni nell’attesa del fischio d’inizio quando scende in campo, senza la competizione sportiva, la palla che saetta ai suoi piedi, lui non riesce a stare.

È con grande forza di volontà che Davide D’Innocenzo imbriglia la sua passione, seguendola lungo il suo tortuoso percorso, di cui lui racconta tutto: importanti vittorie , difficili realizzazioni, momenti in cui la sua stessa passione e la volontà vengono offuscate da delusioni che non dipendono dalle sconfitte ma soprattutto dall’incontro di dinamiche torbide che inquinano l’ambiente calcistico. Anche queste delusioni, metabolizzate ed elaborate, entrano a far pare dell’esperienza dell’autore, fornendogli consapevolezza senza mai riuscire a infrangere il suo spirito, seppur lasciandolo spesso amareggiato. Vivere una passione significa anche questo: conoscerne le luci e le ombre , non si può pretendere di nutrirla soltanto di illusioni, coprendosi gli occhi di fronte agli aspetti negativi. Neanche si può pensare di potersi affidare interamente alla passione per superare ogni difficoltà: il calcio prevede dedizione, impegno e sacrifici che l’autore non manca di sottolineare, raccontando ogni aspetto di quel mondo che tutti conoscono, spesso, soltanto superficialmente.

“Dagli Appennini alle onde”, pubblicata da Europa Edizioni , racconta una storia di determinazione, forza di volontà, costante voglia di miglioramento e realizzazione che coinvolge a una lettura appassionata tanto quanto appassionata è la vita che qui viene raccontata.

Ma questa è solo una parte della storia di Davide D’Innocenzo, che nella sua biografia non racconta soltanto la sua passione, ma risponde anche a un’importante domanda: cosa succede quando non si può più vivere della propria passione? Perché carriere come quella calcistica hanno date di scadenza piuttosto precise, e sebbene la passione non finisca laddove si interrompe la carriera, raramente si può sperare di continuare a vivere soltanto di quella. L’autore risponde con la sua testimonianza, raccontando il suo mondo sia in campo che fuori , perché non è soltanto il calcio che definisce la sua vita, una vita che si è trovato a reinventare nel momento in cui anche per lui è giunta l’ora di lasciare la carriera del calcio, rendendosi conto che c’era molto altro ad aspettarlo: un nuovo lavoro ricco di soddisfazioni, il matrimonio e i numerosi viaggi, per infine dedicarsi alla scrittura della sua biografia: “si può fare tutto nella vita” scrive l’autore, “basta fortemente volere”, parole forti della loro semplicità, che risultano evidenti e implicite tra le pagine che raccolgono la sua esperienza, le sue riflessioni, la determinazione e, appunto, la grande forza di volontà.

Ma l’immagine che Davide D’Innocenzo offre di sé non vuole essere autocelebrativa, ma risulta genuina, sincera , non nasconde i difetti, le delusioni e i momenti di tristezza e non elogia i suoi successi e le sue qualità: li racconta, entrambi volti della stessa medaglia, con grande accuratezza descrive se stesso attraverso la sua esperienza fin dalle sue origini, rivelando il suo grande amore per il suo paese, la sua casa, e non mancando di ringraziare la sua famiglia da cui ha imparato molto, senza mai smettere di accettarne suggerimenti e consigli.

Dall’Appennino alle onde appunto, le onde della vita che ti sballottano e non sai mai dove ti portano che man mano impari a domare, una deriva fantastica e piena di vita, ma ogni deriva prevede il suo approdo e l’approdo migliore, il porto più sicuro, è proprio il mio paese dove sono sempre tornato e che mi ha accompagnato, inconsapevole, in tutti i miei spostamenti. Essere radicati alla propria terra di origine permette di avere uno sguardo sul mondo, un punto di vista che ti fa apprezzare e conoscere meglio i luoghi e le genti diverse”, spiega Davide D’Innocenzo, svelando la sua esperienza ordinatamente, onestamente , ripercorrendo col suo sguardo sia la purezza della sua passione da bambino che l’incontro e lo scontro con quelli che definisce i “meccanismi malati” del calcio. “Io non sono un eroe, sono solo un professionista con la testa sulle spalle e ce ne sono tanti come me e anche meglio di me. Magari non hanno ancora avuto l’opportunità di venir fuori. Uno dei modi più subdoli con i quali si affermano meccanismi malati nel calcio è l’estrema solitudine in cui si lasciano i giocatori. Sei una squadra in campo, nel momento della partita, nello spogliatoio, durante la trasferta. Ma poi sei solo. Solo come un cane”.

Una storia che, come promesso dallo stesso autore, è “ricca di vita” in tutti i suoi aspetti, che stimola curiosità ed empatia e con grande intensità emotiva conduce i suoi lettori attraverso una storia reale e vivida, densa di immagini, episodi, partite e viaggi, momenti di gioia di profonda delusione, di rinnovamento e occasioni colte, tradotte in ricordi che lasciano il segno.

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