L’Italia dei magliari eterna immagine

Fino a ieri per molti l’immagine dell’Europa era stata qualcosa di sacro, di puro e di intoccabile. Una sorta di tempio calvinista della politica, dove serietà, competenza e probità la facevano da padroni. Ricordate quella frase “Ce lo chiede l’Europa” che tagliava di netto qualsiasi obiezione o perplessità?

Certo, c’erano e ci sono gli euroscettici, quelli che sottolineavano che alla fine si tratta solo di un gran carrozzone burocratico che vuole fare il bello e il cattivo tempo nella vita dei cittadini e pretende anche di stabilire, come si dice spesso, quale debba essere la misura delle zucchine. Ma quasi nessuno metteva in dubbio l’onestà delle istituzioni, dove pure di quattrini ne sono sempre girati parecchi. Adesso con il “Qatargate” e la variante marocchina è tutta un’altra musica, il problema è che i primi violini siamo proprio noi italiani. Per quanto la tangentopoli coinvolga soggetti di molti paesi, il fulcro è ancora l’ex europarlamentare lombardo Antonio Panzeri con i mucchi di banconote in casa. Non per nulla ha cominciato a circolare la battuta “Italian job”. E questo per l’immagine del nostro Paese è un dramma. Il rischio, oltre a ritrovarsi di fronte al vecchio refrain dell’italiano “baffo nero, pizza e mandolino” è di pagare caro questo crollo di un’immagine che già non era mai stata considerata fulgida, specie dai Paesi del Nord del Vecchio Continente che, anche se non lo dicono mai in maniera aperta, si libererebbero volentieri di un Paese considerato una “zavorra”.

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