Se Sanremo canta contro le riforme

A chi ancora non avesse la contezza che l’Italia è la Repubblica di quei frutti africani bianchi, ricurvi, con la buccia gialla e ricchi di potassio, si consiglia di rivolgersi a Sanremo. Perché il festival della canzone italiana è diventato quello della Costituzione italiana, da difendere dagli attacchi presidenzialisti mossi dal centrodestra, in testa il premier Meloni. Così alcuni politici e giornali hanno interpretato la presenza del “duo” Mattarella-Benigni all’Ariston, con il secondo impegnato nell’usurato elogio della “Carta”. Ora, che il presidente della Repubblica e il comico siano una “coppia” politica è già abbastanza bizzarro. Che poi si scambi lo show del toscano come qualcosa di politico, una specie di altolà a governo e Parlamento, è surreale. Cosa si sarebbe detto se un costituzionalista tipo Gustavo Zagrebelsky si fosse presentato sul palco a raccontar barzellette, che voleva fare concorrenza a Checco Zalone?

Il capo dello Stato, che è ben conscio del suo ruolo istituzionale e delle prerogative che comporta, da tempo sta animando eventi per ricordare l’anniversario numero 75 della Costituzione. In quanto a Benigni, persino i suoi estimatori si sono scocciati di queste performance sugli articoli 11 e 21. Dov’è la notizia? Sta a vedere che al festival, tra un’aiuola distrutta da Blanco, una delle infinite torrenziali risate di Amadeus e una collana di banalità indossata dalla Ferragni, ci si metta pure a brigare sulle riforme istituzionali. Peraltro il conduttore, dopo la sua secca replica a Matteo Salvini, rischia seriamente di finire intruppato tra i leader del Pd. Così vedremo se avrà ancora da ridere.

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