Volontari al campo profughi afgani. Da Suello alla Serbia, il racconto

Andrea Frigerio è intervenuto nell’ambito della rassegna “Migrazioni”con il regista Jurij Razza

«Anche se non potrò cambiare il mondo; anche se le istituzioni conoscono da decenni le atrocità che si commettono alle frontiere, almeno una cosa posso e devo fare: non tacere». Il volontario di Suello Andrea Frigerio - presente in biblioteca l’altra sera con la compagna di vita e di viaggi Greta Lazzati - ha testimoniato la propria esperienza in un campo per profughi afgani in Serbia. Recentemente la coppia ha portato aiuto anche sul confine ucraino.

L’altra sera, ha parlato nell’ambito della rassegna “Migrazioni. Storie di esseri umani in movimento” di cui è stato protagonista anche il regista Jurij Razza - introdotto dalla bibliotecaria Manuela Krassowski - il cui documentario “Ad ogni costo”, girato a budget zero per la Caritas di Lecco, ha vinto l’International Multicultural Festival di Perth e Melbourne. Oltre a raccontare come è nato questo lavoro e ad approfondirne le storie - a più voci: dal giornalista sudamericano perseguitato, all’ex imprenditore pakistano messo in fuga dalla criminalità locale, alle donne scappate tra le violenze dal Kosovo o dal Mali - Razza ha dialogato con Frigerio evidenziando «quanto siano agghiaccianti le graduatorie nell’accoglienza: per i profughi ucraini le istituzioni hanno saputo rendere meravigliosamente possibile la vera integrazione e ora nelle scuole di tutto il territorio è bello che i nostri figli abbiano un caro amico di Kiev, mentre gli immigrati dall’Africa o dall’Afghanistan restano da anni, o da generazioni, nei ghetti».

Per Andrea Frigerio «la nostra esperienza in Serbia è stata proprio quella degli esseri umani in movimento, perché quello non è un Paese europeo, quindi gli afgani tentano, da lì, il passaggio lungo la rotta balcanica, specie verso l’Ungheria e la Romania. Lo chiamano “game” e consiste nel passare settimane nei boschi senza niente da bere né mangiare, inseguiti dall’Agenzia Europea per il Controllo, coi cani da caccia, i droni, i poliziotti coi manganelli che spogliano questi fuggitivi di tutto, li picchiano, li ammanettano con fascette ai polsi, ma loro - ha raccontato Frigerio - ci riprovano per forza, poiché le famiglie hanno dato fino all’ultimo soldo ai trafficanti per farli arrivare lì e in Afghanistan non hanno più nulla».

«Noi gestivamo un punto di socialità della Caritas, in questo campo: una sorta di oratorio; la sera rientravamo al caldo nel nostro alloggio e l’indomani non trovavano più gli stessi adolescenti del giorno prima, perché erano andati a tentare il “game”. Le istituzioni stesse compiono le peggiori mostruosità - ha affermato Frigerio - al di là delle idee politiche di ognuno, il minimo che possiamo fare è prenderci la responsabilità del fatto che in noi tale livello politico ha trovato terreno fertile; tutti lo abbiamo permesso ma, se non altro, adesso dobbiamo rimettere l’umanità al centro. Lì, su quella frontiera, infatti, potremmo esserci anche noi». P.Zuc.

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