Il Garante porta Gilardi in Parlamento
«Non voleva andare in casa di riposo»

Il caso Nella relazione alle Camere Mauro Palma critica il tribunale: «I suoi 91 anni imponevano un tempo di permanenza breve, ma ora è indefinito»

«Permanenza non desiderata e di fatto subita», per un tempo che doveva essere «breve, proporzionato a quanto necessario per delineare un progetto di ritorno presso la sua abitazione, ma è divenuto indefinito». Sono queste le parole utilizzate in Parlamento dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, in merito alla vicenda di Carlo Gilardi, professore di 91 anni di Airuno, da diciotto mesi ricoverato in rsa per decisione del suo amministratore di sostegno Elena Barra, avallata dal giudice tutelare Marta Paganini, con l’obiettivo dichiarato di sottrarlo dall’influenza delle persone che si starebbero approfittando di lui e dei suoi. Un procedimento che ha portato a una condanna in primo grado, a un’assoluzione e che ora vede altre cinque persone a giudizio.

Leggi anche

Una cartella e mezza

Mauro Palma, lunedì, nella sua annuale relazione al Parlamento è tornato a parlare della vicenda Gilardi, interrogandosi «su cosa significhi tutelare la vita di una persona molto anziana quando, proprio perché non sia preda di azioni di altri, venga del tutto privata della possibilità di decidere dove abitare e come impiegare il proprio tempo».

Nella sua relazione si è concentrato soprattutto sul fattore temporale, vista l’età di Gilardi: «Si tratta di situazioni che richiedono forme di soluzione che contemplino sia il rispetto della sua volontà, sia la necessaria tutela, ma che siano anche tempestive. Sono i suoi novantuno anni a imporre la considerazione del tempo. E il tempo della procedura confligge con il tempo della vita. Il tempo di permanenza nella rsa doveva essere breve, proporzionato a quanto necessario per delineare un progetto di ritorno presso la sua abitazione quindi un tempo finito e presumibilmente breve. Invece ha assunto una connotazione di una durata indefinita. Con una distorsione temporale che assume la permanenza non desiderata e di fatto subita».

E anche sulla scelta di collocarlo in rsa, Palma torna a esprimere dubbi come già un anno fa: «L’ingresso nella struttura determina una sorta di inglobamento all’interno dell’istituzione che di fatto limita la sua capacità di autodeterminazione e lo separa dal mondo esterno e da quella che era stata fino ad allora la sua vita, anche per il divieto o la forte limitazione dettati dalle autorità responsabili di ricevere visite di familiari e di conoscenti, se non in sporadici casi. La chiusura da e verso l’esterno è, del resto, l’elemento che rischia di trasformare le strutture residenziali in luoghi segreganti».

Lo svuotamento dei ruoli

Una collocazione ritenuta non adeguata: «Sono luoghi - conclude - in cui l’organizzazione del tempo e delle attività quotidiane non lascia spazio alle scelte personali, costrette dalle regole che dettano a tutti, indifferentemente, ritmi, attività, relazioni di socialità interna, in cui è stato obbligato ad adattarsi alle disposizioni, anche contrarie alla sua volontà. Dove non è più possibile continuare a svolgere i ruoli già ricoperti precedentemente come quelli di fratello, di amico e di professore».

© RIPRODUZIONE RISERVATA