Treno deragliato a Carnate, rinviati a giudizio i sei indagati

Il macchinista, il capotreno, i responsabili delle manutenzioni e due dirigenti. Sono stati tutti rinviati a giudizio, dal gup di Monza Angela Colella, i sei indagati, dipendenti di Trenord, ritenuti responsabili del deragliamento avvenuto a Carnate ormai quasi quattro anni fa.

Il macchinista, il capotreno, i responsabili delle manutenzioni e due dirigenti. Sono stati tutti rinviati a giudizio, dal gup di Monza Angela Colella, i sei indagati, dipendenti di Trenord, ritenuti responsabili del deragliamento avvenuto a Carnate ormai quasi quattro anni fa.

Era il 19 agosto 2020 quando il convoglio partì senza guida dalla stazione di Paderno-Robbiate e poi, dopo una corsa lunga sette chilometri, fu fatto schiantare alla velocità di 80 all’ora contro la massicciata al termine del binario tronco nella stazione brianzola. Solamente la prontezza della sala operativa di Rfi nel far abbassare tutti i passaggi a livello fra Paderno e Robbiate, aveva evitato una strage.

Nell’impatto tre carrozze volarono contro la massicciata verso le case e altre due finirono di traverso sui binari invadendo alcuni orti vicini. A bordo solamente un passeggero che, miracolosamente, si salvò. Si trattava di un immigrato nordafricano (nel frattempo deceduto per altre cause) che si era addormentato in uno dei vagoni.

Per gli inquirenti il convoglio fu lasciato incustodito da macchinista e capotreno (Mauro Zorzan e Massimiliano Torre), scesi per bere un caffè al bar della stazione senza inserire il freno di stazionamento e l freno a molla. Ma a provocare la ripartenza del treno, complice anche la pendenza presente nella stazione di Paderno, sarebbe stato anche un malfunzionamento dell’impianto frenante.

Per questa ragione, oltre al persona di bordo, a essere rinviati a giudizio anche due membri di una squadra di manutenzione (Francesco Cirillo e Livio Romano) che venti giorni prima avevano revisionato l’impianto frenante, senza riscontrare il problema tecnico. Secondo la Procura si sarebbe verificata un’anomala ricarica del freno continuo, dovuta a una falsa posizione di una leva del rubinetto e un malfunzionamento dei sistemi di bordo. I quattro devono rispondere di disastro colposo e di lesioni.

Infine rinviati a giudizio anche, Giorgio Colombo (direttore della manutenzione) e Giancarlo Devichic (responsabile del deposito locomotive Milano Fiorenza) con l’accusa di «frode in processo penale e depistaggio» poiché, «intuita la causa del guasto, - secondo la Procura - al fine di ostacolare le indagini sul disastro ferroviario», avrebbero fatto «rimuovere», e poi avrebbero «occultato» i pezzi malfunzionanti del sistema frenante

Entrambi avevano respinto questa ricostruzione nei loro interrogatori, spiegando che avevano semplicemente condotto un’indagine interna, come da regolamento europeo, documentando tutte le fasi delle verifiche. Per tutti e sei il processo si aprirà l’11 luglio a Monza. Si era invece già giunti all’archiviazione per gli altri indagati, fra cui i vertici di Trenord.

«Sostegno ai propri dipendenti coinvolti nelle indagini con adeguate tutele, ma con piena fiducia nell’attività della Magistratura». Questa la posizione espressa da Trenord a seguito del rinvio a giudizio di sei dipendenti. «L’azienda è convinta che sarà fatta chiarezza sugli effettivi comportamenti delle persone coinvolte».

Inoltre, evidenzia che il gip di Monza ha disposto l’archiviazione dei vertici aziendale «a fronte di una puntuale attivazione dei meccanismi di verifica e di intervento previsti, non risulta possibile muovere un rimprovero di carente organizzazione in capo ai dirigenti o, comunque, ai preposti indagati».

Quanto all’operato dei dirigenti indagati, intervenuti per una verifica dei sistemi frenanti del convoglio, «attività doverosa secondo le prescrizioni normative e regolamentari che disciplinano la sicurezza delle ferrovie», l’azienda ritiene che «la fase dibattimentale saprà chiarire l’adeguatezza delle loro azioni»

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