Mandic, i sindaci bussano in Regione

Merate Dopo che l’Asst di Lecco ha paventato la trasformazione del nosocomio in punto per malati cronici Un documento da inviare al Pirellone sugli investimenti: «Ma vogliamo che l’ospedale resti per gli acuti»

Il Mandic di Merate potrebbe trasformarsi in centro specializzato nella cura di malati cronici con problemi neurologici e polmonari.

È quanto il direttore generale Paolo Favini ha paventato ai primari del presidio che ha incontrato mercoledì. Uno sguardo sul futuro del nosocomio di via Cerri che ha lasciato tutti spiazzati.

Individuare una cura

Non solo perché nel Poas, Piano di organizzazione aziendale strategico, deciso a livello regionale, c’è scritto nero su bianco che il San Leopoldo è un Dea di primo livello, quindi con pronto soccorso e rianimazione, che assiste malati acuti, ma anche perché, se così dovesse essere, vorrebbe dire che la storia della struttura è segnata.

Nei fatti, se l’obiettivo è questo, la direzione strategica non farà sforzi per tenere aperti reparti, lasciando che poco alla volta si spengano di pari passo con il fuggi fuggi dei sanitari, dai primari passando per i medici giù fino agli infermieri.

Quanto dichiarato da Favini ha lasciato basiti non soltanto i direttori dei reparti, che si ritroveranno così a lavorare in una struttura a cui, poco alla volta, verrà a mancare l’aria, ma soprattutto i sindaci, che ancora una volta sono stati tenuti all’oscuro dei veri piani della direzione generale e, si presume, anche dell’assessorato regionale.

Che tra Favini e sindaci ci sia un problema di comunicazione, Fabio Vergani, presidente dell’assemblea dei sindaci del Meratese, e Ave Pirovano, omologa del Casatese, l’hanno detto a chiare lettere anche ieri, incontrando la stampa. E si sono lamentati di un rapporto che è sempre stato «freddo».

Per cercare di capire quale sia la malattia di cui soffra l’ospedale e individuare una cura, non avendo finora ottenuto soddisfazione dagli incontri con il direttore generale, i sindaci hanno cercato un diverso interlocutore. L’hanno trovato nei consiglieri regionali con cui si sono incontrati l’altra sera, rappresentando loro tutte le preoccupazioni del territorio.

Le case di comunità

«Non è possibile - hanno spiegato Vergani e Pirovano - apprendere delle dimissioni di medici il giorno dopo l’incontro con il direttore, che invece dovrebbe informarci. Così come non è accettabile non avere informazioni sul futuro a breve e a medio termine dell’ospedale. La nostra preoccupazione riguarda anche le case di comunità, che sono scatole vuote».

Per questo motivo, nelle prossime settimane, i sindaci stenderanno un documento unitario che invieranno in Regione. «Faremo una sorta di “lista della spesa” chiedendo quello che vogliamo per il nostro ospedale. Così la Regione dovrà dirci che cosa è possibile fare e che cosa no. Di sicuro vogliamo che l’ospedale resti per acuti, con un pronto soccorso e, se possibile, anche un punto nascita».

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