Casatenovo, Francesca Pascale
non diffamò Salvini

Casatenovo L’ex fidanzata di Silvio Berlusconi era stata querelata dal leader della Lega per un post su Instagram Il giudice ha accolto la linea della difesa: «Una libera dichiarazione di voto, con una valutazione critica delle sue idee»

Francesca Pascale assolta dall’accusa di aver diffamato il ministro Matteo Salvini. È questa la sentenza emessa dal giudice Martina Beggio nel primo pomeriggio di ieri, a fronte di una richiesta di condanna a un’ammenda da 2.500 euro avanzata dalla Procura.

L’ex fidanzata di Silvio Berlusconi era stata querelata dal leader della Lega a seguito di un post social che la politica e showgirl, a quell’epoca residente a Casatenovo, aveva ricondiviso sulla propria pagina Instagram nel mese di gennaio 2021.

Affermazione non vera

Si trattava di un’immagine che faceva riferimento a una presunta dichiarazioni di Salvini, poi rivelatosi non vera e non attribuibile a lui, nella quale il Ministro sembrava affermare quanto segue: «Qualcuno mi chiede cosa penso degli italiani che vivono all’estero, ed io rispondo sempre che ognuno dovrebbe vivere nel proprio paese e dovrebbe partecipare alla crescita dello stesso. Chi scappa non merita di stare qui, lo considero un fannullone, e non è un caso che in genere siano meridionali ed africani ad andarsene, gente senza la cultura del lavoro».

Pascale aveva quindi commentato, sempre via social, in questi termini: «Per non dimenticare. Quest’individuo dai valori razzisti e violenti si appresta a diventare leader indiscusso del centrodestra. Piuttosto voterò Paperino».

Dopo i tentativi di conciliazione extragiudiziali andati a vuoto, la richiesta della difesa, rappresentata dall’avvocato Matteo Uslenghi, di andare a giudizio con rito abbreviato.

A prevalere sembra essere stata proprio la linea difensiva: «Francesca Pascale – si legge nella memoria difensiva - come molti altri cittadini che seguono la politica di una parte e dell’altra, ha reso una libera personale dichiarazione di voto (o meglio: di non voto) rispetto a Matteo Salvini, motivandola, come è sacrosanto in democrazia, con una valutazione critica delle sue idee politiche e sociali. Matteo Salvini, anziché prender atto di quella libera personale manifestazione del pensiero, tanto più intoccabile per essere di una privata cittadina nei confronti di un primario esponente politico, allora segretario di uno dei partiti di governo, oggi addirittura vicepresidente del consiglio, ha preteso di leggervi un’offesa penalmente rilevante della sua reputazione».

E poi nel merito: «La realtà – è stata la difesa di Pascale - che il querelante finge di ignorare è infatti questa: i concetti di quel tweet, così come la loro forma espositiva, sono innegabilmente sovrapponibili a quelli propri della sua comunicazione e della sua strategia politica »

Le tesi dell’accusa

Nella querela presentata dai legali Salvini era stata data altra interpretazione

«Francesca Pascale allo scopo di screditarlo e di ledere la sua immagine aveva diffuso come vera una nota bufala. È chiaro come l’intendimento dell’autore del falso post fosse screditare ed è parimenti chiaro come il raggiungimento di una simile finalità sia agevolato e rafforzato da chi, nonostante la palese inautenticità del contenuto multimediale, lo diffonda».

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