Mancanza di infermieri, missione in Sudamerica per Bertolaso. Opi Lecco: «Non è la soluzione»

L’assessore al Welfare di Regione Lombardia, Guido Bertolaso, sta per recarsi in Argentina e Paraguay. Obiettivo? Reclutare professionisti sanitari. Circa cinquecento. Se ci riuscisse potrebbe ridurre la carenza di infermieri negli ospedali lombardi e, soprattutto, dare senso alle parole “casa di Comunità”, e “Adi (assistenza domiciliare integrata). Perché Argentina e Paraguay? Perché il percorso di studi è simile a quello italiano e integrarli nel nostro sistema sanitario regionale non richiederebbe tempi biblici. Ultima parte dei suoi viaggi oltreoceano dovrebbe riguardare poi gli Usa dove Bertolaso spera di riuscire a richiamare circa 200 medici italiani che attualmente lavorano lì. Su cosa punterebbe, per convincerli, però, non è dato sapere.

Ma a Lecco? L’Opi, ordine professioni infermieristiche, presieduto da Fabio Fedeli, è conscio del problema. “Il reclutamento di personale sanitario dall’estero sta interessando anche la Provincia di Lecco anche se, non essendo prevista al momento l’iscrizione all’Ordine, ma solo in un elenco in Regione, ci è impossibile mappare il numero di colleghi presenti sul nostro territorio. Non ritengo però che questi tentativi di massiccio reclutamento dall’estero possano essere risolutivi. A ripensarci, ci siamo già passati negli anni ‘90, e oggi siamo ancora a parlare di emergenza”.

Per Fedeli la ricetta giusta è un’altra. “È necessario prevenire l’abbandono professionale e l’emigrazione verso altri stati dei professionisti che si sono formati nelle nostre Università e sui quali abbiamo investito tanto in termini di formazione. Se reclutiamo dall’estero, ma in parallelo non migliorano le condizioni economiche, di valorizzazione delle competenze e il benessere lavorativo, continueremo a perdere professionisti. Magari anche gli stessi infermieri stranieri che reclutiamo, che guardandosi in giro sceglieranno di spostarsi in altri Paesi Europei, insieme agli italiani che stanno già facendo questa scelta”.

Insomma, Regione Lombardia porta professionisti in Europa, il tempo di ambientarsi e questi se ne andranno in Svizzera o dove si sta meglio: “Certo, l’arrivo di professionisti già formati può offrire una boccata d’ossigeno alle strutture socio-sanitarie del nostro territorio e anche agli stessi professionisti che stanno ancora rinunciando a ferie e riposi per garantire i servizi. Tuttavia, la deroga per l’iscrizione all’Ordine desta come minimo qualche perplessità. Un infermiere iscritto all’Ordine oggi, deve adempiere a precisi obblighi: rispetto del codice deontologico, formazione continua, assicurazione per responsabilità professionale, il tutto per la tutela degli assistiti. Inoltre, la “procedura standard”, alla quale si sta derogando, prevederebbe, oltre al riconoscimento del titolo di studio da parte del Ministero, anche l’esame di lingua italiana prima dell’iscrizione all’Ordine”.

Senza poi considerare che anche i Paesi dove si va a reclutare infermieri non hanno personale in abbondanza e “rubarsi gli infermieri a vicenda”, non sembra la soluzione eticamente più corretta. “E’ necessario investire sulla professione infermieristica, sia in termini economici, che di valorizzazione di competenze e formazione post base per frenare l’emorragia di professionisti e incentivare i giovani a iniziare il percorso che li porti a lavorare nel campo sanitario e definire dei percorsi chiari di assunzioni dall’estero, con la giusta formazione linguistica, culturale e normativa (perché dal punto di vista tecnico teorico sicuramente i colleghi che arrivano sono già preparati), coinvolgendo anche gli Ordini, per quelle che sono le funzioni a loro attribuite dalla legge italiana”.

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