Dodici coraggiosi. Più forti del nazismo

Lecco Medaglie d’onore ai lecchesi deportati nei lager durante la Seconda guerra mondiale - Il prefetto: «Non hanno mai perso la speranza. Quello che è accaduto a loro non deve ripetersi mai più»

Dodici medaglie d’onore alla memoria di altrettanti lecchesi che, durante la Seconda guerra mondiale, furono deportati e internati nei lager nazisti. Dodici storie, tutte diverse tra loro, ma legate da un unico filo rosso: gli orrori del nazifascismo.

Ieri mattina il prefetto di Lecco Sergio Pomponio ha consegnato l’alta decorazione ai familiari di cittadini della nostra provincia che, tra il 1943 e il 1945, sono stati rinchiusi nei campi di prigionia, per essere usati come forza lavoro a sostegno dello sforzo bellico del Terzo Reich.

Alla “Casa dell’Economia”

Un riconoscimento, quello conferito dalla Prefettura nell’auditorium “Casa dell’Economia” di Lecco, a pochi giorni dalla Giornata della Memoria, per «rendere omaggio a coloro che non hanno mai perso la speranza e che, attraverso il ricordo e la testimonianza dei propri cari, non verranno scordati», come ha sottolineato il prefetto.

«Soprattutto in questo particolare e complicato periodo storico, dobbiamo continuare a coltivare la fiammella della speranza - ha commentato Pomponio – Deve finire questa negazione della bellezza del mondo, dell’uomo e del rapporto umano che ha permesso alla nostra società di raggiungere i livelli che ha raggiunto, e che sono tanto più fragili quanto più alti diventano». Inevitabili i riferimenti alle guerre in corso alle porte dell’Europa, e non solo: «La volontà di prevalere sugli altri, di sopraffarli, ancora oggi è presente e trasforma il rapporto che abbiamo con loro. Noi, oggi, siamo spettatori inermi, anche se possiamo sempre esprimere la nostra indignazione».

«Eventi come la cerimonia di commemorazione di oggi potrebbero suonare retorici – ha chiosato il prefetto - ma servono per fare in modo che tutto ciò che è stato non si ripeta, per usare le parole di Levi».

L’emozione

Tanta l’emozione dei familiari che, accompagnati dai sindaci dei propri Comuni, si sono alternati sul palco per ricevere la medaglia d’onore. Una medaglia che, in alcuni casi, era attesa da diversi anni. Non è sempre facile, infatti, la ricostruzione di storie ed eventi che spesso rimangono privati: a dare il proprio contributo, in tal senso, sono state figure lecchesi quali Mario Nasatti, Augusto Amanti, Antonio Gianola, Mariano Spreafico e Alessandro Pirola della Federazione lecchese dell’Istituto Nastro Azzurro, partite dai Fogli Matricolari dell’Archivio di Stato di Como.

Tra i parenti dei premiati anche lo scrittore di Bellano Andrea Vitali, che ha ritirato la medaglia d’onore alla memoria dello zio Domenico, catturato dai tedeschi a Reggio Emilia, il 14 settembre 1943, internato in Germania nello Stammlager di Marienburg e liberato dall’Armata Rossa nel gennaio del 1945.

Le storie

Le storie dei deportati e degli internati lecchesi sono però le più diverse. Carlo Valsecchi, nato nel 1915, è scampato alla morte in guerra per ben due volte: la prima allontanandosi qualche minuto da una tenda che sarebbe stata presto bombardata; la seconda, schivando la scheggia di una granata. Catturato prigioniero dai tedeschi a Kelksis (Grecia) e deportato in Germania, dove rimase fino alla data del 30 agosto 1945, non prese mai parte ad alcuna delle formazioni della ex repubblica fascista.

Carlo Rusconi di Valmadrera, invece, nel 1943 morì per un pezzo di pane, a soli ventiquattro anni, nel campo di Viernau, in Germania.

Oltre a loro, a ricevere la medaglia d’onore, ritirata da figli e nipoti commossi, sono stati Matteo Adamoli di Esino Lario, Pasquale Canali di Suello, il premanese Mario Codega, Giovanni Battista Colombo di Lecco, Angelo Aquilino Frigerio di Calolziocorte, Giulio Fumagalli di Lomagna, Alfredo Ghezzi di Verderio, il valmadrerese Vito Immediato e il mandellese Antonio Morganti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA