Viaggi da decine di chili alla volta

«Molto forte la richiesta a Lecco»

Gli arrestati “lecchesi”non davano nell’occhio: vicini di casa sorpresi dopo il blitz

A dare il via all’operazione, è stata l’individuazione di un soggetto che si riforniva di cocaina in Brianza per rivenderla sul territorio lecchese. Questa la genesi dell’inchiesta “July 2014”, che ha permesso alla Guardia di Finanza di smantellare un’organizzazione che riforniva numerose cellule di sei province (Lecco, Monza e Brianza, Como, Milano, Modena e Torino), vantando legami stretti anche con ambienti malavitosi di peso.

Un’organizzazione “a due teste”, con un capo per la frangia albanese, Vladimir Cara (residente a Meda), marito della nipote del leader della frangia italiana, Aldo Conti di Barlassina: entrambi hanno rapporti ravvicinati con clan mafiosi siciliani e ’ndrine calabresi.

I “lecchesi” sono due: i fratelli di origine albanese Zamir e Tomorr Koni. «Erano così forti - ha affermato il comandante del nucleo di polizia tributaria, Mario Leone Piccinni - da essere in grado di rifornire un altro gruppo a Modena. In occasione della perquisizione di stamattina, Zamir, residente a Cassago, ha lanciato dalla finestra un contenitore con 300 grammi di cocaina. Inoltre è stato trovato in possesso di 20mila euro in contanti. Erano affiliati all’ala albanese, quella orientata a spendere e fare baldoria con i soldi disponibili. L’altra frangia, invece, guidata da Conti, era più “vecchio stampo” e difatti aveva reinvestito questi proventi in locali per la ristorazione (sequestrate le pizzerie della catena “Da Aldo”, tra Barlassina, Meda e Seregno) e immobili».

C’è da dire comunque che i due Koni (Tomorr è colui il quale riforniva la rete di spaccio lecchese) hanno sempre mantenuto un profilo basso, tanto che ieri mattina, a operazione in corso, i vicini di casa hanno accolto con sorpresa la notizia degli arresti.

Da rilevare altri due aspetti: il legame di parentela che ha rafforzato e consolidato i rapporti tra i due “ceppi” criminali e l’abitudine – proprio dell’ala albanese – di utilizzare anche donne nei loro traffici, con bambini piccoli a fare da scudo, a dissimulare le azioni poste in essere. «Usavano bimbi per non dare nell’occhio, nascondendo panetti di cocaina nelle carrozzine o portandoli con sé nell’effettuazione di consegne e sopralluoghi». Altro filo conduttore, le modifiche apportate alle auto - con l’ausilio di carrozzieri e meccanici compiacenti per ricavare doppi fondi e nascondigli nei quali sistemare la droga - talvolta a decine di chili - nei trasferimenti. «Un dato emerge forte, al termine di questa operazione - ha concluso il tenente colonnello Piccinni -: c’è molta richiesta anche nel Lecchese».

I numeri di 24 trafficanti, tra “capifamiglia” (Conti e Cara), luogotenenti, gregari e fiancheggiatori. A vario titolo, le misure di custodia riguardano, oltre ai già citati, Ersin Gjleri, Tomorr Bekshiu, Adriano Tabaku, Pasquale Di Santi, Giovanni Buscato, Ervis Musaku, Ervin Bufi, l’architetto Daniele Corbetta e l’imprenditore Elia Carmine Caruso (facevano da base logistica), Albana Hoxha, Loredana Perillo, Kozeta Bekshiu; Susti Pello e Filippo Prampolini (Modena); Elvin Alilaj, Allan Dias Dos Santos e Sokol Kodra (Milano, l’ultimo del trio è il latitante); Alessandro Palmieri (Como, già assessore a Grotteria); Carmelo Renato Riggio, Marcello Sacco e Walter Pudrini (Torino). Sei di questi – tra i quali le tre donne in quanto madri di bimbi piccoli – sono ai domiciliari.

© RIPRODUZIONE RISERVATA