Amianto, vincono gli ex dipendenti Leuci

Il caso Tre lavoratori a contatto con il pericoloso materiale avevano fatto ricorso per i benefici pensionistici. «Sentenza storica»

Una sentenza che si può definire senza alcun problema storica. Dietro c’è il lavoro del Gruppo Aiuto Mesotelioma, insieme a quello di alcuni professionisti.

Così mercoledì tre ex dipendenti della Leuci di Lecco hanno potuto vedere riconosciuti i propri benefici pensionistici per aver lavorato anni in un ambiente insalubre, a causa della presenza massiccia dell’amianto grazie alla sentenza depositata due giorni fa dal giudice del lavoro del Tribunale di Lecco Federica Trovò.

Oltre trent’anni

Si tratta di Eligio Melesi, Elisa Zanetti (dal 1968 al 1996) e Adele Riva (dal 1965 al 2000), tre pensionati fortunatamente sani, al contrario di altri ex dipendenti di aziende con stabilimenti e uffici pieni di asbesto. «Ho lavorato lì per 33 anni, dal 1969 fino al 2002, quando sono andato in pensione – racconta Melesi –. Operavo anche con la “giostra”, un forno particolare nelle lavorazioni a mano, tutto in amianto. Non avevamo alcuna protezione contro il materiale, anzi ci dicevano che proteggeva dal calore. La Leuci era nota per avere temperature altissime».

Grazie alla tenacia dei volontari dell’associazione lecchese sono riusciti a vedere riconosciuti i propri diritti. «Si è parlato poco degli ex lavoratori della Leuci – racconta Cinzia Manzoni, presidente del Gam –. Appena abbiamo saputo della presenza di amianto friabile, senza ricevere alcun aiuto da altre realtà, abbiamo cercato i nominativi delle persone che hanno lavorato lì».

Così è partito il tam tam e grazie al passaparola, ai social network, alla stampa, sono stati trovati circa ottanta persone che hanno operato nella fabbrica di via XI febbraio.

La documentazione

«Qui è partito un lavoro di equipe con l’avvocato Roberto Molteni, con esperienza nel settore – prosegue Cinzia Manzoni –. Ci ha aiutato anche il medico del lavoro Edoardo Bai. Il nostro obiettivo era ottenere i riconoscimenti previdenziali per persone sane, ma che hanno lavorato in ambiente ostile. È stato un lungo lavoro, per cui abbiamo prodotto una documentazione consistente. Abbiamo deciso di portare avanti la causa per tre di loro, una causa pilota che abbiamo vinto mercoledì. Questo è solo un inizio e speriamo che molte altre persone possano rivolgersi all’associazione. Per esempio chi ha lavorato in quella che era la Black & Decker di Civate. Sappiamo che ci sono stati morti di mesotelioma, ma non siamo riusciti a fare avere loro benefici previdenziali o malattia professionale».

Il lavoro del Gam nasce da un beneficio di una legge del 1992.«In quell’anno l’amianto è stato dichiarato fuorilegge – afferma Molteni –. Sono stati creati benefici previdenziali per cui chi ha lavorato a lungo in aziende dove era presente l’asbesto, poteva farsi riconoscere cinque anni in più di contributi figurativi e un conseguente aumento della pensione. Si tratta quindi di un beneficio economico, ma anche morale previdenziale. Queste persone godono di buona salute, ma hanno comunque un rischio potenziale. Grazie a foto e video siamo riusciti a dimostrare la presenza dell’amianto nell’azienda che già ci era stata raccontata dai lavoratori, come la “giostra”. Grazie alla documentazione del dottor Bai, inattaccabile, abbiamo vinto in tribunale. Si tratta di un primo grado, è vero, ma ci auguriamo che l’Inps non ricorra in Appello».

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