«A Ingegneria sono poche, ma brave e molto motivate»

Donatella Sciuto, prima rettrice del Politecnico di Milano, è impegnata a promuovere le materie Stem. Tra gli iscritti all’ateneo è del 23% nelle lauree triennali e del 27% nei corsi delle magistrali.

Dalla rettrice del Politecnico di Milano, Donatella Sciuto, ingegnera elettronica e prima donna rettrice dell’ateneo milanese, arriva più di un invito (alle ingegnere, alle scuole per la fase di orientamento, alle imprese) per scardinare gli stereotipi che allontanano le ragazze dalla materie Stem.

Professoressa, rispetto alle iscrizioni delle ragazze ad Architettura e a Design, cosa raccontano gli ultimi dati delle loro iscrizioni alla facoltà di Ingegneria?

Raccontano una storia che si ripete a due velocità. Architettura e design vedono una presenza femminile superiore, intorno al 60%. Diverso a ingegneria, dove troviamo una ragazza su tre. Abbiamo da poco pubblicato l’edizione 2023 del Bilancio di genere e non ci sono state sorprese. Nell’ultimo triennio, le ragazze sono il 23.8% degli iscritti alla Laurea triennale in Ingegneria e il 27.9% alla magistrale, in crescita di quasi un punto percentuale negli ultimi tre anni. Anche se positivo, il segnale è ancora troppo debole.

Qual è la differenza di scelta delle ragazze rispetto ai ragazzi sui diversi corsi di Ingegneria?

La differenza rimane marcata nei contesti più tecnici. La maglia nera va a meccanica e ad elettronica, dove la presenza femminile è all’11%. Seguono informatica e ingegneria elettrica al 13% e automazione al 14%. Sono invece virtuose ingegneria biomedica, al 56%, ambientale, al 43%, e matematica, al 36%. Questo è quanto accade alle lauree triennali, quindi al primo gradino di ingresso. Alla magistrale, con un occhio più spostato sull’uscita e il mondo del lavoro, la situazione si conferma pressoché immutata. Ed è proprio sul riequilibrio di questi corsi di studio che stiamo concentrando sforzi significativi attraverso il progetto Girls@PoliMI, un programma di borse di studio finanziate dalle aziende e dedicate alle studentesse che si immatricolano a ingegneria nei corsi di studio con una presenza femminile al di sotto del 20% nella laurea triennale.

Ingegneria meccanica e Ingegneria informatica: qual è il suo giudizio qualitativo sui dati delle iscrizioni al femminile?

Ovviamente, misuriamo e valutiamo anche i rendimenti. Anche là dove sono in netta minoranza, le studentesse confermano percorsi accademici costanti, con meno abbandoni. Il voto di laurea si conferma mediamente più alto. Insomma, poche ma buone. Quello che i numeri ci dicono è che sono risolute. E lì che dobbiamo puntare non solo come università, ma come sistema produttivo. Le donne sanno dimostrarsi competenti e determinate.

Qual è la sua analisi rispetto a quella che è una tendenza generale di bassa adesione delle ragazze a corsi di laurea che sembrano continuare ad essere tradizionalmente maschili?

La mia analisi non si basa solo sui dati, ma su aspetti culturali che difficilmente possiamo valutare in modo oggettivo. Mi riferisco all’influenza che esercitano la famiglia, il contesto sociale, la provenienza geografica… Lecco, come Milano, rappresenta un tessuto sociale ricco, all’avanguardia, che offre diverse possibilità. Tuttavia, anche in queste condizioni, poche ragazze pensano di scardinare lo stereotipo. Al momento i modelli sono ancora pochi e credo che il primo modo per imparare sia per emulazione. Quindi chiedo alle ingegnere di venire allo scoperto, di raccontarsi. Alle scuole di orientare già molto prima della maturità, quando spesso il percorso è già chiaramente indirizzato. Alle imprese di non creare dei recinti nella conciliazione vita-famiglia.

Perché lei ha scelto di diventare ingegnere elettronico? Quali erano, da studentessa, i suoi modelli culturali e professionali di riferimento?

Come dico spesso, ho scelto di fare l’ingegnera (ricordo che la declinazione femminile è sdoganata anche dall’Ordine) perché volevo capire come funzionano le cose. Fin da piccola mi avventuravo nelle mie prime invenzioni, aiutata da mio padre, anche lui ingegnere. Ma la vera passione è arrivata frequentando il Politecnico e i laboratori, nello scambio con altri ragazzi. Per me, ancora oggi da rettrice, fare in modo che questa università sia inclusiva è fondamentale. Dobbiamo garantire ambienti eterogenei. Questo è il presupposto per una flessibilità mentale che, oggi più che mai, un ingegnere deve saper esercitare di fronte a sfide decisamente più complesse di un tempo.

Qual è il suo messaggio alle giovani che escono dalla maturità ed esitano di fronte alle facoltà e ai corsi di laurea “difficili”, in sostanza alle materie Stem?

“Difficile” è un concetto relativo. Sappiamo che non esiste un’unica definizione di intelligenza. Facciamo in modo che i nostri ragazzi capiscano qual è la loro. Non ho ricette, ma un solo consiglio: “Seguite la vostra passione”. Può sembrare scontato, ma vi assicuro che non è così. Spesso i più giovani scelgono di adeguarsi a modelli preconfezionati, di assecondare le aspettative dei genitori, in primis, che si fanno sempre più alte, generando una fragilità emotiva che può seriamente creare difficoltà nella vita e nello studio. Un fenomeno sempre più marcato. Lo vediamo tutti i giorni nelle nostre aule e rispondiamo con servizi di sostegno psicologico e di ascolto. Ma quando la motivazione è forte, ogni ostacolo è superabile.

Pesa un condizionamento generale per cui una ragazza si aspetta che una volta laureatasi, ad esempio, in ingegneria informatica o meccanica nell’inserimento al lavoro le sarà comunque preferito un ragazzo?

Questo è innegabile, purtroppo. Se guardiamo i dati del nostro ultimo Bilancio di Genere, posso dirvi che la differenza è indubbiamente presente nella tipologia di contratto. Quando si parla di tempo indeterminato, la distanza tra uomini e donne è del 9% nell’architettura e del 4% nell’ambito del design, due contesti in cui la presenza femminile è invece dominante tra gli studenti, e dell’11% nell’Ingegneria. Il divario salariale risulta invece in contrazione rispetto agli anni precedenti. La stessa rilevazione nel 2020 mostrava un pay gap del 15% per Architettura e Design e del 10% a Ingegneria. Oggi siamo al 9% per Architettura, al 4% a Design e al 3% a Ingegneria. Meglio rispetto al resto d’Italia, se paragonati ai dati Almalaurea.

Quali leve utilizza l’università per equilibrare di più la scelta di corsi Stem fra ragazzi e ragazze?

L’università mette in campo diversi strumenti, dall’orientamento nelle scuole, ai tech camp estivi, alle borse di studio, alle campagne di comunicazione… Solo per le borse Girls@PoliMi siamo passati da un valore di 240mila euro nel 2022 a 600mila nel 2024. In questo mandato, per la prima volta, abbiamo nominato una Delegata all’Inclusione, a sottolineare l’importanza del tema. Ma come già detto, il problema si manifesta all’università, ma ha radici più profonde e i nostri sforzi si trasformano in successi solo attraverso un’azione congiunta.

Più in generale, come vede lo stanziamento di 1,1 miliardi di euro del Pnrr distribuiti secondo criteri demografici a circa 8.361 Istituti a fronte dei relativi progetti su materie Stem (e anche linguistiche)? La politica sta davvero promuovendo alla base un cambio di passo utile a portare nelle università più iscritti e più iscritte a facoltà tecniche? È la strada giusta? Oppure cos’altro si dovrebbe fare per incentivare la scelta delle ragazze verso le facoltà tecniche?

È la strada giusta, ma dobbiamo fare in modo che non ci sia una data di scadenza. Questi investimenti devono servire per avviare politiche lungimiranti e a lungo termine, non per impiegare fondi da qui al 2026.

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