Sant’Elia, ha cento anni
la metropoli del futurismo

È datato 11 luglio 1914 il “Manifesto” con il quale, sulle orme di Marinetti, l’architetto comasco voleva rivoluzionare città e abitazioni. Ne La Provincia di oggi, venerdì 11 luglio, Alberto Longatti ricorda questo importante passaggio

L’inizio è perentorio, addirittura minaccioso nella sua crudezza: «Dopo il ’700 non è più esistita nessuna architettura». Punto. Non c’è il tempo di reagire, negando una simile asserzione così drastica, perché arriva subito la spiegazione: «Un balordo miscuglio dei più vari elementi di stile, usato a mascherare lo scheletro della casa moderna, è chiamato architettura moderna».

Dunque, questa è la premessa per un ricambio radicale dell’edilizia, il rifiuto dell’incrostazione decorativa che in quegli anni del primo Novecento aveva fatto pronunciare ad Adolf Loos una celebre abiura del manierismo eclettico. E dalla premessa, ribadita con vari esempi di spregevoli “ruffianerie” architettoniche, si arriva presto a prospettare una linea totalmente nuova di intervento costruttivo, la casa “nuova” per eccellenza, reinventata, «appagando signorilmente ogni esigenza del nostro costume e del nostro spirito».

Così aggredì il lettore il “Manifesto dell’architettura futurista” firmato da Antonio Sant’Elia e pubblicato su un volantino di quattro facciate giusto cent’anni fa, l’11 luglio 1914, dalla tipografia di Angelo Taveggia in via Santa Margherita 7 a Milano, dove lavorava come proto l’anarchico poeta Cesare Cavanna (1876-1951) particolarmente abile nell’impaginare le “tavole parolibere” di Marinetti.

Leggi l’articolo completo di Alberto Longatti ne La Provincia in edicola venerdì 11 luglio

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