Il fascista mai pentito. La violenza va sul palco

Tirano Sarti chocca il pubblico con l’elenco di torture della Decima Mas In «Mai morti” ricordi neri come i popoli sterminati col gas. Applausi tiepidi

Interpretare un fascista mai pentito che entra al Piccolo Teatro di Milano non per vedere «i quattro cialtroni sul palcoscenico», ma per andare indietro con la memoria a quando durante il fascismo quello era luogo di torture e i camerini erano celle, è già di per sé disturbante per l’ascoltatore.

«Nero dentro e fuori»

Come pure lo è la litania delle pene di cui i prigionieri del ventennio fascista erano vittime; supplizi che parrebbero indicibili cui però Renato Sarti dà un nome e crea un’immagine: pugni contro la pancia, pestaggi, bastonate, dita rotte, unghie asportate, ustioni per citare i più “lievi, perché «il concetto – dice - è che uno non deve essere torturato, ma deve rimanere dentro torturato».

Ecco di fronte ad uno che «riesce ad essere nero dentro e fuori» non si può di certo provare simpatia, ma non è solo questo l’aspetto che rende lo spettacolo “Mai morti” - scritto, diretto e interpretato da Renato Sarti - andato in scena al teatro Mignon di Tirano poco digeribile al pubblico del cartellone “Tirano Teatro”. Nonostante la breve durata (un’ora), ci sono diversi momenti in cui si fatica a seguire la narrazione monocorde e cantilenante, oltre a qualche disorientamento nelle luci (a parte quando sono apposta chiamate dall’attore e regista).

Sarti interpreta un componente dei “Mai morti”, il terribile battaglione della Decima mas che operò a fianco dei nazisti nella repressione anti-partigiana. Evoca le “gloriose” azioni del passato, ricorda le stragi compiute dall’esercito italiano in Africa e l’uso indiscriminato e massiccio dei gas contro le popolazioni civili. Il passato si mischia ai fatti più vicini come quelli della strage di piazza Fontana o del G8 di Genova.

La pistola sempre pronta

La «pistola sempre pronta», le mani che «prudono se non trovano altro sfogo». Il racconto prende le mosse da un sonno-sogno nel letto, posto a sinistra del palco, in cui i ricordi si mischiano e volutamente l’interpretazione emula la dimensione onirica, poi però le scene si spostano alla destra del palco e la dimensione temporale si allarga sia nella presentazione più vasta dei fatti sia nell’evoluzione del personaggio che si rimette la sua divisa; elemento di congiunzione il whisky, di certo non per dimenticare, ma per stimolare, perché bisogna «uccidere senza improvvisazione, essere bravi ad organizzare». Ad un certo punto Sarti scende anche fra il pubblico, scelta forse poco adatta al contesto.

Al termine applausi tiepidi da parte degli spettatori serali del cartellone. E, ieri, si è replicato in matinée per gli studenti delle scuole di Tirano.

La rassegna si avvicina alla conclusione con l’ultimo appuntamento venerdì 15 marzo con “Come un killer sotto il sole. Intorno alle canzoni di Bruce Springsteen”.

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