Fascino Montespluga
Il libro fotografico di Giuseppe Pagano

Immagini Pubblicazione nella collana Impressioni Luce. «Un paesaggio ricco di suggestioni colto nel suo intimo tra lago, montagna e di manufatti che escono dal niente»

«La mia è una fotografia di attesa, aspetta l’occasione per offendere per un attimo soltanto la cortina dell’invisibile e trova in luoghi come questo le sponde ideali per una paziente indagine».

Lo afferma in prima persona Giuseppe Pagano, autore del libro “Montespluga”, strenna natalizia della casa editrice Lyasis di Sondrio, in particolare della collana Impressioni di luce. Un libro fotografico, con un’introduzione di Pagano, composto da una serie di immagini in bianco e nero in cui realismo e lirismo si accompagnano armonicamente.

Le peculiarità di Montespluga hanno affascinato Giuseppe Pagano che «pratica una fotografia intima e silenziosa, tesa a far emergere aspetti nascosti a sguardi frettolosi – si legge in copertina -. Questo paesaggio, sospeso fra dighe, resti delle loro costruzioni, lago e montagna si è rivelato ricco di suggestione quasi metafisico nei suoi elementi essenziali, spesso isolati ed enigmatici».

La ricerca si è snodata sul crinale fra la rigorosità di un bianco e nero quasi nero topografico e la tensione artistica propria dell’autore, sfociando in un percorso sottile e coinvolgente: Montespluga rimane un mistero visuale irrisolto; il suo fascino è discreto, bello da scoprire.

Gli scatti

«Raramente i miei lavori nascono da progetti definiti, in genere, come in questo caso, prendono forma pian piano, scatto dopo scatto, a volte perfino negli anni – svela Pagano -. Non pratico abitualmente una fotografia di luoghi: ho cominciato a frequentare Montespluga soltanto perché mi attirava, senza particolare attenzione. Poi nel tempo mi sono apparsi irrinunciabili, come le mute testimonianze dei lavori passati, misteriose costruzioni di cui ignoro la funzione».

«Sulla sommità delle colline basamenti ormai senza uno scopo, probabilmente destinati in origine a sorreggere tralicci, appaiono quasi antichi altari; sullo sterrato di fronte alla diga un enorme cubo appoggia obliquo sul terreno, piovuto dal cosmo da chissà quale civiltà; vicino alla seconda diga, strani blocchi simili a case si stagliano nella nebbia o un altro edificio solitario dalle ambigui e finestre svetta su una piccola spianata». Rocce, pali, calcestruzzo, tutto sembra comporre un puzzle senza soluzione, in obbedienza a direttive sconosciute.

Niente colore

La scelta del bianco e nero è stata immediata: «Il colore in questo progetto avrebbe distolto l’attenzione da significati visuali più importanti, in molte fotografie avrebbe ancorato pesantemente l’immagine alla realtà uccidendo quell’astrazione consona all’ambiguità del tema che solo il bianco e nero può conferire. Il rigore grafico al quale mi ispiro comporta l’eliminazione di tutto ciò che è superfluo e fotograficamente controproducente. Il mio bianco e nero è in punta di piedi: rifugia il contrasto forzato e gli effetti, tutto ciò che attira l’occhio ma che si esaurisce: compito difficile, forse mai completamente possibile ma l’unico perseguibile»

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