Cessione Lecco: «Spaventato dai costi»

La società Il sindaco spiega: il potenziale acquirente ha detto no dopo aver valutato i conti e le richieste di Di Nunno. Dietrofront motivato dalle spese, quattro milioni a stagione, e dall’idea della proprietà di cedere tutte le quote

Tutto sfumato. Andato. Irrimediabilmente. Il patron Paolo Leonardo Di Nunno ha rifiutato l’offerta dell’imprenditore edile non lecchese né lombardo, e i due si sono salutati.

La conferma non arriva dalle due parti, ma dal sindaco di Lecco Mauro Gattinoni: «La scorsa settimana come sapete avevo incontrato questo imprenditore del settore edile, che viene da fuori Regione, e che si diceva molto interessato a costruire qualcosa di positivo a Lecco, che partisse dallo sport, e poi arrivasse a famiglie e giovani. Un approccio che ho condiviso e apprezzato. Ho chiarito gli aspetti di stretta competenza del Comune ovvero la gestione del campo sportivo e dello stadio e la possibilità di integrare palestra, ristorante e bar, sempre allo stadio o in prossimità, in base a un progetto di sviluppo, non gigantesco ma significativo, per creare spazi di reddito e disponibilità».

Fin qui tutto bene. Poi l’imprenditore è andato a Cormano a parlare con i Di Nunno: «Lui poi ha avuto il colloquio con la società – racconta Gattinoni -. E ho appreso dall’imprenditore che le cifre richieste sono di un ordine di grandezza superiore al valore che lui ritiene abbia la squadra del Lecco in questa categoria, motivo per cui, a conti fatti e soprattutto per il fatto che gran parte della rosa è stata già scelta senza che lui abbia potuto ovviamente metterci la testa, né parola, ha abbandonato l’idea».

Non è solo il fatto che Di Nunno abbia rilanciato l’offerta dei 500mila euro trattabili per entrare in società. Né il fatto che Di Nunno avrebbe gradito vendere l’intero pacchetto, più che “portarsi in casa” un socio. Per il possibile acquirente sono stati i costi di gestione a fermare l’operazione: «Costi – spiega ancora il primo cittadino – che, secondo questo imprenditore, arrivano a sfiorare i 4 milioni di euro a stagione. A questo punto, dunque, sta valutando di andare da un’altra squadra, di altra categoria, in serie B, a fare il socio o il proprietario. E non verrà più a Lecco. Di soldi, naturalmente, io non ho mai parlato e le cifre mi sono state fatte per “giustificare” l’allontanamento. Ma resta il fatto che le offerte sono state rifiutate».

Insomma, un dato è evidente: l’appello «Non ce la faccio se non arriva qualcuno ad aiutarmi», rilanciato più volte da Di Nunno, non sembra vero. Se avesse voluto un socio al 50 per cento, e non al cento per cento, l’imprenditore sarebbe rimasto. E Di Nunno avrebbe dimezzato costi e gestione.

Ma evidentemente: «A questo punto i fatti ci dicono che Di Nunno vuole portare avanti il Lecco – taglia corto Mauro Gattinoni -. Il Lecco è suo e può farlo, ma altri argomenti stanno a zero. Se avesse voluto un socio, l’avrebbe trovato. Comunque sia le cifre proposte, erano importanti. La scelta di Di Nunno è legittima, ma questa scelta ha delle conseguenze. Naturalmente se venisse ancora a chiedermi una mano, penso proprio che siano ben chiari i perimetri in cui il sindaco può muoversi. Abbiamo manifestato il nostro aiuto e accompagnato le scelte di chi ha voluto “guardarci dentro”. Il nostro l’abbiamo fatto. Poi se lui vuole tenersi il Lecco può farlo. Ma…».

Tradotto il sindaco sembra voler dire a Di Nunno che non venga più a chiedere una mano in Comune. Gliel’hanno data. Ma se l’interessamento, serio, di un imprenditore titolato, viene risolto in un incontro in cui, in pratica, viene chiesto subito il doppio, allora vuol dire che non c’è né l’esigenza né la voglia di vendere né di trovare soci.

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