A processo per aver rubato un Rolex. Ma la vittima non riconosce l’imputata

Abbadia L’uomo l’aveva accusata come responsabile, in aula però indica un’altra persona. La donna è stata assolta. «Era una ragazza non tanto alta, ma robusta. Non parlava italiano»

Assoluzione per non aver commesso il fatto. Questa la sentenza pronunciata ieri in Tribunale a Lecco dal giudice Paolo Salvatore, in ruolo monocratico, nei confronti di Lidia Gheorghe, classe 1992, finita a processo per l’ipotesi di reato di furto aggravato.

Gli oggetti sottratti

Secondo l’impianto accusatorio sostenuto dalla Procura, la trentenne sarebbe una delle tante “ladre dell’abbraccio”, che di norma “puntano” anziani soli ma con preziosi oppure orologi di marca addosso. In questo caso, la ladra - a questo punto rimasta ignota - avrebbe sottratto un Rolex del valore di 9mila euro dal polso di un anziano, che avrebbe rischiato di perdere anche la catenina d’oro che portava al collo.

È stata la stessa vittima del reato a raccontare l’accaduto, che fa data 30 aprile 2021, quando, dopo aver fatto la spesa a Mandello, era salito in auto tornando verso la propria abitazione ad Abbadia. In prossimità di casa, l’uomo sarebbe stato avvicinato da una giovane dall’accento straniero che, con un pretesto, lo avrebbe abbracciato. Non una volta, bensì due. Dopo essersi staccata di qualche metro, la donna sarebbe poi tornata alla carica, forse per sottrargli la catenina, gli aveva già strappato dal polso il prezioso orologio. Questa la tesi della vittima.

«Era una ragazza non tanto alta, ma robusta. Non parlava italiano», ha raccontato l’anziano, ribadendo a più riprese quanto quell’azione fosse stata fulminea e che lo aveva lasciato in uno stato di choc. Recatosi dai carabinieri di Mandello per presentare denuncia, si sarebbe poi ripresentato in caserma una ventina di giorni più tardi per il riconoscimento fotografico. Un elemento decisivo ai fini delle indagini, che hanno trascinato a processo Lidia Gheorghe, difesa dall’avvocato Andrea Margotti del Foro di Bologna, ieri sostituito in aula da un collega.

Il riconoscimento

Ieri mattina però, la vittima, dopo aver consultato il medesimo album di immagini che gli era già stato sottoposto dai carabinieri, ha puntato il suo indice su un volto diverso da quello indicato lo scorso anno. Un fatto di cui si è accorto in prima battuta il giudice e poi evidenziato dalla difesa, che in fase di discussione ha dunque chiesto l’assoluzione della propria assistita, ritenendo debole la prova di colpevolezza, così come carente l’istruttoria dibattimentale.

In querela, infatti, la vittima aveva raccontato che la donna aveva una mascherina sul volto, altro elemento che, a detta dell’avvocato difensore, non avrebbe consentito all’anziano di riconoscere l’identità della responsabile del furto del Rolex.

L’assoluzione

Dopo essersi ritirato in camera di consiglio, il giudice Salvatore ha assolto l’imputata per non avere commesso il fatto; impossibile - a detta del giudice nella sua motivazione contestuale - attribuirle la penale responsabilità del fatto, tenendo conto dell’esito delle indagini (praticamente nulle, come ha evidenziato lo stesso Salvatore) e dello stato di choc in cui si trovava il derubato al momento dell’accaduto.

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