Strage di Erba, nel podcast il racconto degli infermieri:«Frigerio in rianimazione ricordava tutto»

Il podcast Nella puntata di Anime Nere il racconto inedito di due infermieri che lo hanno curato. Due testimonianze smentiscono le illazioni innocentiste: «Offensivo pensare abbia mentito»

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«Il signor Frigerio era una persona corretta: una bella persona. E sentire oggi che qualcuno pensi» che quella sera a a Erba «possa essere andata diversamente rispetto a quello che lui ha raccontato, è un pugno alla sua memoria». Samuele Sgrò e Rosseline Immormino sono due infermieri. E nel dicembre 2006, lavoravano nel reparto di rianimazione 2 dell’ospedale Sant’Anna di via Napoleona. Per oltre due settimane hanno avuto in cura Mario Frigerio. Il loro ricordo di quelle settimane e dell’uomo che - purtroppo - è conosciuto dai più come il sopravvissuto dalla strage di Erba, è uno dei passaggi inediti sui fatti di 16 anni fa proposti nel nostro podcast Anime Nere (che potete trovare sul sito laprovinciadicomo.it, su spotify, amazon musica, spreaker e in generale sugli aggregatori di podcast).

«Mario Frigerio sapeva cos’era successo»

La loro è una testimonianza umana e toccante, ma non solo. Perché entrambi sottolineano un passaggio che torna importante, proprio in questi mesi in cui un magistrato della Procura generale di Milano, dopo aver sposato le tesi innocentiste della difesa di Rosa Bazzi e Olindo Romano, sta tentando di riaprire il caso chiedendo la revisione del processo. I due infermieri ricordano infatti come fin dal suo risveglio il signor Frigerio era lucido: «Una cosa fa riflettere - conferma Rosseline nell’audio del podcast- ovvero il fatto che lui non ci chiedesse mai nulla, che non era curioso di sapere cosa gli era successo. Faceva capire che lui sapeva benissimo cos’era successo. Tanti pazienti che si risvegliano in rianimazione ci chiedono perché si trovavano lì, come mai... lui no, lui sapeva dov’era ed era inutile che chiedesse a noi, perché lui sapeva tutto».

Come già scritto sul quotidiano ieri, di quella consapevolezza si trova traccia anche nel primo colloquio avuto da Mario Frigerio con il pubblico ministero Simone Pizzotti. Il nome di Olindo si sente distintamente almeno in un passaggio, ma lo si può sentire anche - con un margine di dubbio, però - in altre tre occasioni. Eppure il pubblico ministero non sentì nulla e su quel verbale la difesa - e la richiesta di revisione - puntano tantissimo.

Gli occhi azzurri del signor Mario

Ma il ricordo dei due infermieri è anche e soprattutto umano: «Una persona docile, tranquilla. Un uomo gentile, educato - ricorda ancora Rosseline Immormino - Gli raccontavo delle mie vicende amorose di allora e ricordo che lui sorrideva e mi diceva: “Gli uomini sono fatti così”. La cosa che mi ha più colpito? I suoi occhi azzurri». E Samuele conferma: «Ricordo un volto sorridente, con quegli occhi di un azzurro profondo che ti comunicavano da un lato la bella persona che poteva essere, dall’altro la tragedia che quegli occhi avevano visto».

In quei giorni prima e durante il Natale, si creò un feeling particolare tra l’équipe della rianimazione e la famiglia Frigerio: «La figlia e il figlio erano una presenza costante, e avevano un rispetto nei nostri confronti che difficilmente puoi trovare dai parenti. Inevitabilmente era coccolato, anche perché era una persona che ti trasmetteva energie positive. Un turno di notte sotto Natale avevamo del pandoro e mascarpone e una fetta l’abbiamo condivisa anche con lui». Un gesto rimasto indelebile nella memoria del signor Mario e dei figli. Come conferma la lettera che Andrea aveva spedito all’epoca a La Provincia: «Un ringraziamento a tutti i medici, infermieri e personale del reparto di rianimazione che con il loro sorriso, la loro umanità, i loro piccoli gesti gentili (tra noi parliamo ancora del pandoro con il mascarpone... ti ricordi, Samuele?)... di vite ne hanno salvate tre, quella di mio papà, di mia sorella e la mia».

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