Lecco, la fiducia

non basta alla ripresa

Ci siamo: dopo sette anni siamo arrivati alla svolta? Siamo al tornante che riporterà l’economia sulla strada della crescita? Questo dicono i numeri dei centri studi: Confindustria annuncia un aumento del Pil superiore al 2%. Prometeia (una società di ricerca) e Bankitalia sono più prudenti: la prima vede una crescita nel 2015 dello 0,7%, la seconda si ferma allo 0,4% (ma nel 2016 saliremo fino all’ 1,2%).

Ancora: nel quarto trimestre del 2014, gli ordini di macchine utensili (fonte Ucimu) sono cresciuti del 19,1% (rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e l’incremento riguarda sia gli ordinativi esteri sia quelli nazionali). E questo è un dato significativo perché è legato alla fiducia degli imprenditori: le macchine utensili le comprano le aziende, sono investimenti realizzati per migliorare la produttività delle lavorazioni e quindi la competitività delle produzioni.

Ma quel che è più importante è che i numeri trovano conferma nel sentiment degli imprenditori. Ne abbiamo avuta conferma durante la tre giorni di Fornitore offresi, chiusa ieri a Erba. Gli imprenditori annusano l’aria, si confrontano con i colleghi, e sulla scrivania vedono arrivare ordinativi e commesse. Le macchine tornano a girare. Ma, almeno finora, la spinta per la ripartenza viene da cause esogene, esterne al sistema Italia: calo del prezzo del petrolio (da circa 100 dollari al barile siamo a 50) e delle quotazioni dell’euro (da 1,4 sul dollaro a maggio, all’attuale 1,1).

Certo, le imprese ci mettono del loro: sono brave, fanno ricerca, innovano, vanno sui mercati esteri e trovano nuovi clienti. Tutto questo malgrado continuino a lavorare in un sistema Paese costoso e inefficiente che rende difficili gli investimenti. La lamentela più diffusa tra gli imprenditori è che i margini sono ridotti al minimo, falcidiati dal differenziale di oneri che le nostre aziende sopportano rispetto ai concorrenti: costo del lavoro (meglio, il cuneo fiscale e contributivo), livello delle imposte, bollette dell’energia (in parte limate dal calo del petrolio). Questa situazione consiglia prudenza. Non è tornato il momento di fare le cicale. Come tante formichine bisogna impegnarsi per migliorare l’efficienza e le competitività del sistema. Tema che va sviluppato anche a Lecco, dove resiste una radicata e diffusa cultura del lavoro e del saper fare (sia degli imprenditori, sia dei lavoratori). E dove negli anni sono state realizzate strutture che possono migliorare la competitività territoriale. Una di queste strutture, forse la più importante, è il campus. A questo punto, qualcuno potrà sbuffare: ancora? Sì, ancora perché il campus con i laboratori del Politecnico e del Cnr può diventare un polo della ricerca a livello internazionale, con tutto quel che ne segue: sostegno all’innovazione delle aziende, capacità di attrazione di imprese e di talenti. In sostanza, il campus può diventare il motore del nuovo sviluppo lecchese, però è necessario capirne le potenzialità e lavorare per concretizzarle.

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