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Mercoledì 28 Dicembre 2011
Le finestre di Berlusconi fanno paura
Panico pensioni all'Inps e al Caf
Più delle riforme del governo Monti, sono state le imposizioni del governo Berlusconi a frenare i lavoratori pronti per la pensione: si tratta delle finestre d'uscita, periodi di attesa forzata dopo il raggiungimento dei requisiti
In provincia di Varese, sono stati poco più di un migliaio i lavoratori che hanno dovuto ritardare la pensione a causa delle riforme degli ultimi due anni. Perché più della finanziaria firmata Monti, sono state le "finestre d'uscita" imposte dal governo Berlusconi a frenare i lavoratori già in dirittura d'arrivo. Nel 2011, da gennaio a novembre, le nuove pensioni erogate dall'Inps, secondo i dati diffusi dallo stesso istituto, sono state 225 mila: il 29,5% in meno rispetto allo stesso periodo del 2010.
Un effetto che lo stesso presidente nazionale dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, ha definito «inaspettato», anche se dovrebbe assicurare più solidità alle casse dell'istituto. Perché nel 2011, di fatto, moltissimi lavoratori hanno dovuto ritardare di un anno la pensione: le finestre imposte dalle regole del governo Berlusconi hanno intaccato le certezze della generazione nata negli anni '50: vicini ai sessant'anni e con già più di trent'anni di contributi alle spalle, molti di loro erano già sicuri di vedere il traguardo verso la libertà dal lavoro.
Ma le riforme del precedente esecutivo hanno imposto le finestre d'uscita: periodi di attesa forzata (12 mesi per i dipendenti, 18 per gli autonomi) dopo il raggiungimento dei requisiti. Questa regola ha fatto slittare al 2012 la liquidazione delle pensioni per quei lavoratori che hanno raggiunto i requisiti nel 2011.
«Un problema molto sentito, che ha causato una vera e propria invasione dei nostri uffici del patronato - racconta Umberto Colombo, segretario varesino dello Spi, il sindacato pensionati della Cgil - I lavoratori sono stati quasi presi dal panico: ritardare la pensione è davvero un problema per molti».
Tanto più che anche nella nostra provincia esiste un problema molto sentito: quello dei lavoratori in mobilità. A un passo dalla pensione, l'azienda in crisi deve ridurre il personale: un esempio tipico nel nostro territorio è stata la Whirlpool, ma non è stata la sola. Gli accordi con i sindacati sono semplici: in mobilità, con tre anni di contributi garantiti prima di essere licenziati del tutto, vengono messi i lavoratori più anziani, quelli che comunque andrebbero in pensione entro un triennio.
«Ma con le nuove regole, soprattutto quelle del governo Monti, che allungano a 41 anni per le donne e 42 anni per gli uomini i contributi da versare, tutti gli accordi di questo tipo sono a rischio» spiega Colombo. C'è ancora la speranza del decreto Mille proroghe, per cui i sindacati stanno lottando, almeno per tutelare questi dipendenti, che si sono fidati di quello stesso Stato che ora li mette a rischio. E con le grandi aziende varesine in crisi, sono centinaia i lavoratori in queste condizioni.
«Le nostre speranze sono anche nella riforma del fisco, prevista per il 2012 - spiega Pierpaolo Copelli, responsabile varesino dell'Fnp Cisl - perché recuperando risorse da lì, sarà possibile averne per pensionati e lavoratori dipendenti».
A Varese, quindi, la sfida è tutta per «i nati tra il '52 e il '55, a rischio per gli accordi presi con le aziende in crisi - conclude Copelli - il rischio è quello di lasciare senza pensione gente che in realtà ha sudato i suoi diritti».
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