La storia scritta sui manifesti
Così la Lega ha cambiato l'Italia

I muri sono i libri dei popoli. E, per comunicare con un popolo, per far partire la "scintilla" che innesca una rivoluzione, occorre un linguaggio rivoluzionario. Negli ultimi vent'anni ha fatto scuola in questo la Lega Nord. Di cui ora è stato creato un archivio online di manifesti storici

LECCO - I muri sono i libri dei popoli. E, per comunicare con un popolo, per far partire la "scintilla" che innesca una rivoluzione, occorre un linguaggio rivoluzionario. Che talvolta cambia, arrivando persino a contraddirsi nei contenuti, ma rimane invariato nella forma. Negli ultimi vent'anni ha fatto scuola in questo la Lega Nord. Di cui ora è stato creato un archivio online di manifesti storici, caricato sul social network Facebook.

Un metodo comunicativo che ha rappresentanto un punto di rottura nel panorama politico nazionale, quello della Lega Nord, movimento ultratrentennale se si tiene conto che i primi passi dell'embrione lumbard sono stati mossi già alla fine degli anni Settanta del secolo scorso. Mentre l'Italia era spaccata tra la comunicazione sobria e pulita dei partiti dominanti e i rimasugli della stagione del terrorismo, la Lega destabilizza tutti "inventando" un linguaggio "rozzo" e "primitivo", con lo scopo di suscitare le reazioni più istintive.


Una scelta tempestiva, che va perfezionandosi tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, quando fra cittadini e partiti tradizionali si consuma quello strappo che darà vita, con Tangentopoli, alle prime forme di antipolitica ante litteram. Il metodo comunicativo leghista ha lo scopo di suscitare nell'elettore che s'imbatte nel manifesto una prima istintiva reazione di rabbia. È il caso di uno dei primissimi cartelloni della neonata Lega Lombarda: un manifesto rustico, su sfondo bianco, con la figura di un uomo imbavagliato e la scritta in rosso, che risalta e contrasta: "Lumbard Tas", ovvero lombardo taci. Firmato "Lega Lumbarda", quando il nome della prima Lega nazionale non era ancora definito.


L'uso del dialetto è una scelta non solo ideologica: è il linguaggio popolare, della gente comune, che contrasta con il politichese raffinato ma spesso poco comprensibile dei partiti romani. Quindi più efficace. Un manifesto omologo viene pubblicato, sempre alla fine anni Ottanta, in Veneto. Ecco il mesaggio: «Tutti parlano dei disoccupati degli altri, ma chi pensa ai nostri?». Firmato, Liga Veneta. È il passo successivo, quello di dipingere il "nemico". Qui non ha ancora un volto, ma già viene indicato come "altro", esterno alla comunità che il partito localista si pone l'obiettivo di difendere. L'altro diventerà lo Stato centrale, che si contrappone alla comunità locale. E che la "depreda". È il salto di qualità: la Lega delle origini parla alla "pancia" della gente e, di conseguenza, al portafoglio. «Il Nord paga per tutti. Iciap: a Varese e Pordenone i pantaloni che pagano più di tutti». Dopo aver segnalato il nemico, la soluzione: «Basta tasse a Roma. Tasse eque e versate in Lombardia».


È un linguaggio diretto. Che lascia poco spazio alla dialettica, perché è unilaterale: «Uccidere è sbagliato, ma la mafia va fermata. Fuori la mafia dalla Lombardia». Con gli anni, i nemici iniziano ad avere anche nomi e cognomi. Come alla fine del 1994, quando si consumò la spaccatura del governo, con il cartellone: «Stop alla Prima Repubblica. Grazie Lega». E sotto: «Dopo Craxi e Andreotti i loro affiliati Berlusconi & Fini».


O il celebre manifesto antiberlusconiano che raffigura un massone incappucciato della P2, tesserato 1816: «È il vostro presidente che vi parla. Aiutateci a ritornare». Facile intuire che il linguaggio provocatorio e forte inizi a traballare dopo il 2000, quando la Lega torna ad allearsi con Berlusconi. Il partito cerca di tenere sempre lo stesso tono, ma il nemico non è più così vicino e non ha più un nome e un cognome. Roma è ancora "ladrona", ma bisogna stare a Roma. L'antiberlusconismo viene archiviato. Ci si concentra però sull'invasione degli immigrati. E, da partito antisistema e "rivoluzionario", il Carroccio diventa una forza politica in stile "legge e ordine".


In questo, il fenomeno della rimozione delle vecchie battaglie, la Lega ha pochi rivali. Oltre al caso nazionale del berlusconismo, c'è un episodio locale, ormai dimenticato. Nell'archivio storico è stato trovato un manifesto anti Malpensa. «Malpensa 2000. La grande abbuffata». I leghisti si scagliano contro il consumo di territorio e gli affarri attorno all'hub. Pochi anni e la Lega inizierà a battersi a favore dello sviluppo di Malpensa. Meglio del bipensiero di "1984".

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Eco di Bergamo La storia dei lumbard