Il pompiere accoltellato: «Ho rischiato»

Calolziocorte Parla il vigile del fuoco che ha ricevuto un colpo al ventre durante l’esecuzione di un Tso

Poteva finire davvero male con il trattamento sanitario obbligatorio che, l’altro giorno, gli agenti della Polizia locale, i Vigili del fuoco e il personale sanitario hanno eseguito nei confronti di un cinquantenne che abita al terzo piano di un palazzo di via Padri Serviti.

Non solo il caposquadra dei pompieri ha ricevuto una coltellata in pancia, che gli è costata una prognosi di cinque giorni, ma un agente della Polizia locale, nel tentativo di disarmare l’uomo, che brandiva il coltello serramanico e minacciava di colpire tutti quelli che aveva davanti a sè, per convincerlo a deporre l’arma ha estratto la pistola d’ordinanza e gliel’ha puntata contro.

Cinque giorni di prognosi

Purtroppo, quel gesto ha avuto l’effetto opposto, come ha raccontato il pompiere, finito in ospedale per il colpo ricevuto.

«Eravamo a un metro davanti all’uomo - ha raccontato ieri il caposquadra Angelo Ferro. - Avevamo appena sfondato la porta del bagno quando l’uomo ha estratto un coltello serramanico e ha iniziato a minacciarci. Stavamo cercando di avvicinarci, io e l’agente della Locale che era accanto a me. A un certo punto, invece di indietreggiare, quell’uomo si è scagliato contro l’agente che gli aveva puntato l’arma e contro di me, sferrandomi una violenta coltellata dal basso verso l’alto, con una violenza e una precisione incredibile, colpendomi sotto all’ombelico».

Fortunatamente, il vigile indossava la tuta, che è antitaglio, e che lo ha protetto. «Subito - continua Ferro - i colleghi gli sono saltati addosso e l’hanno disarmato. Io mi sono alzato la giacca perché sentivo bruciare. Ho visto che non era stata trapassata ma la maglietta, sotto, era rotta e si vedeva una punta di sangue. Dopo le prime medicazioni, mi hanno portato in ospedale, dove mi hanno dimesso con cinque giorni di prognosi».

Una disavventura finita per fortuna bene, che ora avrà conseguenze pesantissime per l’accoltellatore.

«Insieme ai colleghi - racconta Ferro - siamo arrivati per dare supporto a un’altra squadra che era già in posto. Non riuscivano a entrare e così siamo arrivati noi con l’autoscala. Grazie a quella, due di noi sono saliti al terzo piano e dopo essere scesi sul balcone, sono entrati nell’appartamento e hanno raggiunto la porta di ingresso, aprendola dall’interno».

Una volta dentro, però, dell’uomo per cui era stato disposto il trattamento sanitario obbligatorio, non c’era traccia. «Abbiamo controllato tutto l’appartamento ma non c’era nessuno. Lo abbiamo chiamato e, dopo un po’, ci ha risposto. Abbiamo così capito che era chiuso nel bagno», il caposquadra prosegue il suo racconto.

Il diversivo

Per un po’, i pompieri e gli agenti della Polizia locale hanno cercato di convincerlo ad aprire e a uscire. Resisi conto che non ottenevano alcun risultato, hanno deciso di sfondare la porta.

«Per farlo - continua Ferro - dovevamo però avere la sicurezza che, subito dopo, il medico lo avrebbe sedato. Abbiamo così dovuto attendere che arrivasse e, nel frattempo, abbiamo organizzato un diversivo. Sempre con l’autoscala, abbiamo finto che due di noi cercassero di entrare dalla finestra del bagno. In questo modo, l’uomo si è allontanato dalla porta e noi l’abbiamo sfondata».

Una volta dentro, è successo quello che nessuno si aspettava, ma la prontezza delle forze dell’ordine intervenute ha evitato conseguenze drammatiche.

«Purtroppo - conclude Ferro - interventi di questo genere sono molto pericolosi e vanno sempre eseguiti con grande attenzione».

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