Il Pd è rimasto un oggetto misterioso

La fusione tra ex Ds ed ex Margherita non sta andando come si sperava

E’ proprio vero che spesso piove sul bagnato. Il Partito democratico era già nei guai per molte ragioni, ultima delle quali la serie di inchieste amministrative locali che hanno coinvolto alcuni sui esponenti, e adesso gli è arrivata anche la scoppola delle elezioni regionali in Abruzzo dove ha perso circa un terzo dei voti rispetto a quelle precedenti e grosso modo lo stesso rispetto alle ultime politiche. D’accordo che il Pd ha pagato caro la vicenda che ha visto finire agli arresti l’ex governatore Del Turco, ma i motivi della sconfitta non stanno tutti lì. Ho la sensazione che il nuovo partito nato nel 2007 continui a essere qualcosa d’indefinito agli occhi di molti elettori, ai quali non è chiaro se sia di sinistra, di centrosinistra, o magari di sinistra-destra o forse qualcos’altro ancora. Che cosa è il Pd del dicembre 2008?

Paolo Di Benedetto

E’ un partito confuso e immalinconito, ingessato e contraddittorio, incerto sul da farsi con sodali e avversari e su che cosa dirsi al suo interno. Nessuno possiede ricette risolutive, tutti capiscono che non sta quagliando come si sperava la fusione tra ex Ds ed ex Margherita; e che aver tagliato i ponti con l’estrema sinistra fu un atto di condiviso coraggio, ma non averli tagliati anche con Di Pietro una pericolosa contraddizione. Di Pietro ci sta facendo sopra un grande incasso di consensi. Ormai va acquisendo l’esclusiva del radicalismo d’opposizione, fa da solo quel che nella scorsa legislatura facevano Pdci, Verdi, Rifondazione e in certi casi persino gli stessi Ds e Margherita. Coglie i malumori (quanti sono, questi malumori!) che circolano nella società del benessere decrescente, gli dà voce, condisce il tutto con un viscerale antiberlusconismo e raccoglie voti (quanti sono, questi voti!). Dove non arriva lui, arriva il rifiuto: in Abruzzo l’astensione, cioè l’insofferenza verso i partiti, è stata da record rabbrividente. Dove arriva lui, sembra di rivedere -cambiando area politica- gli approdi della Lega d’alcuni fa sui territori lasciati liberi dal decomporsi del pentapartito. Singolare è che il Pd non sappia decidersi nell’atteggiamento da tenere verso questo alleato-concorrente di stile bossiano: associarselo con un vincolo maggiore dell’attuale al prezzo di massimalizzare il proprio indirizzo o dissociarsene per sempre imboccando -costi quel che costi- la strada del riformismo moderato? Veltroni sul punto tentenna da lunghissimo tempo. Ma ormai non se lo può più permettere. Perché è giunto il tempo di fare il punto e di andare a capo, cambiando strategia. O cambiando il capo.

Max Lodi

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