Venerdì sera qualche disperato respinto ce l’ha fatta, grazie a un colpo di fortuna meritatissimo per l’ostinazione. Alla cassa, stavolta al cineforum parrocchiale di Calolzio,c’era una calca di cinquanta persone fino alla porta d’ingresso, anche se la fila si infoltiva rapidamente fuori, sotto la pioggia.
La cassiera a un certo punto incrocia le braccia, sguardo fisso nel vuoto, scambio di occhiate smarrite nel codazzo, che succede? È che bisogna aspettare, fa lei, forse non c’è più posto. Non c’è più posto? No, aspettiamo ancora quelli con l’abbonamento che hanno la precedenza. Tutti a guardarli con invidia, arrivano alla spicciolata, superano l’orda, esibiscono la tessera, entrano. Passano un paio di minuti, ne arrivano tre, altri minuti, una coppia , e poi ancora quattro persone. Finalmente alt. Tocca a quelli di seconda classe. Le teste si girano all’unisono verso la cassiera, con il fiato sospeso per il responso. Quanti biglietti rimangono? Nove. Esultano i vincitori, gli esclusi si disperdono mugugnando dopo un nooooo corale di delusione. Un padre sorride a moglie e figlia e la butta in positivo: «Dai, andiamo di corsa Curno a vederci qualche filmaccio d’azione, pistole e inseguimenti». La ragazza pesta i piedi: «Ma io volevo vedere il “Giovane favoloso”». E che fenomeno è questo? Due cinema parrocchiali uno dopo l’altro presi d’assalto da una folla respinta con perdite. Per vedere Elio Germano che interpreta Leopardi, mica Massimo Boldi in un film dei Vanzina.
L’antefatto al Palladium, giovedì sera, riapertura del cineforum gettonatissimo dopo la chiusura di “Spaziocinema” del Nuovo che ha lasciato qualche centinaio di orfani, ancora più affamati perché gli spazi cinema ormai in città sono azzerati.
Sorprende comunque che il “favoloso” Leopardi, un poeta studiato a scuola con qualche fatica, pessimista e sfigato secondo la vulgata, abbia fatto il miracolo: un tuffo indietro agli anni ’70 quando capitava di fare la coda fuori dal cinema, tanti film visti seduti sulle gradinate dei corridoi in mezzo alle onde di fumo di centinaia di sigarette, quando le regole della sicurezza erano di là da venire e consentivano ai proprietari delle sale di riempirle al di là di ogni salutare ragionevolezza (chi ha l’età ricorda simili exploit per “Amici miei” e “Amarcord”). Solo che allora di sale ce n’erano cinque o sei, in città, e oggi solo quella della parrocchia di Castello.
Così anche lì, giovedì sera scene patetiche di gente alla cassa che implorava di entrare accontentandosi di stare in piedi. Eppure questo non è solo il segnale del gran successo del cineforum parrocchiale ma della fame insoddisfatta di cinema dei lecchesi.
Di chi è la colpa? Dell’iniziativa privata che manca, del Comune che non affronta come si deve la questione ? In Facebook la discussione impazza. Resta il fatto che la cultura evidentemente può dare da mangiare se i i lecchesi si riversano al cinema a Lecco e dintorni per il film di Martone. E non appunto, per un’opera dei Vanzina che se con Boldi avessero immaginato un film sul poeta di Recanati l’avrebbero intitolato - secondo la battuta azzeccata di un utente Facebook - “L’Infinito di Leopardi? Leopardare”. Ma forse, anzi certamente, non avrebbe avuto lo stesso successo.
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