Annunci urlati e silenziose marce indietro

Questo è il Paese della confusione al potere

Ormai ne sono convinto: questo è il Paese della confusione al potere. Mi spiego. S’è fatto un gran parlare di riforma della scuola, di maestro unico, di urgente necessità di contenere i costi per migliorare la qualità e salvarci dalla bancarotta. Poi, d’un tratto, ci siamo sentiti dire che l’intero pacchetto Gelmini è rinviato al prossimo anno. E ora, mi domando, cosa succederà? I genitori che dovranno scegliere a quale istituto iscrivere i propri figli in base a quali parametri dovranno decidere, quelli vecchi o quelli futuri? E gli istituti come dovranno comportarsi? Ho l’impressione di vivere in un momento di enormi schizofrenie, con grandi battaglie – la scuola ma anche le province – che un attimo prima sembrano impossibili da rinviare ma che, l’attimo dopo, scivolano nel dimenticatoio per far posto ad altro. Dove andremo a finire?

Maurizio Pelli
 

Anche nel passato s’è assistito a grandi battaglie finite in piccole disfatte. O viceversa. Proprio un paio di giorni fa il nostro direttore ricordava la misera fine della lenzuolata di liberalizzazioni proposta dal ministro Bersani nella scorsa legislatura. Siamo un Paese specialista in chiassosi annunci e silenziose marce indietro. Come quella sulla riforma della scuola: dal maestro unico siamo transitati a quello prevalente e poi a quello parzialmente prevalente. Per non dire dello slittamento al 2010 dei provvedimenti riguardanti le superiori. E il tutto in coda a una serie d’incontri della Gelmini con i sindacati, ammessi - dopo esserne stati esclusi - al solito tavolo che non manca mai, ed è l’esclusivo elemento di continuità tra un mandato elettorale e l’altro. Ma se la scuola sbanda, non è che il resto fili diritto. Brunetta, ad esempio, sta già frenando sull’inflessibilità delle visite fiscali per snidare i fannulloni, Maroni ha dovuto rinviare sine die il varo del reato d’immigrazione clandestina, Tremonti ha restituito al Vaticano i soldi per l’istruzione privata che gli aveva tolto, Bossi aspetta ancora di mettere un quadro dentro la cornice vuota del federalismo fiscale, Berlusconi voleva separare a colpi di maggioranza le carriere di giudici e pm e non è ancora riuscito a battere un colpo, idem a proposito d’intercettazioni telefoniche, abolizione delle province, e via elencando. Nessuna meraviglia se poi un fresco sondaggio effettuato nel Nord Ovest rivela che un elettore su cinque ha già deciso di non votare alle prossime europee e amministrative. I greci dicevano che neppure gli dei combattono contro l’ineluttabile. Perché dovrebbero farlo gli uomini? E perché mai gl’italiani?

Max Lodi

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