Il quarto ponte? Speriamo in fretta

Il tocco della ruspa che ha avviato i lavori del quarto ponte ha, se non altro, dimostrato che l’onda del voto sardo non è tracimata fino alle sponde dell’Adda. Tremila voti in ballo, il candidato sbagliato, il voto disgiunto, la coalizione di centrodestra che, sconfitta, ha preso più voti della sinistra, euforica per l’effetto Todde, la presidente neoeletta, manager e grillina (che mi pare un ossimoro) sono bastati per monopolizzare l’agenda di partiti e media. E già mi aspetto una replica per l’Abruzzo con le parole d’ordine per l’occasione: rivincita, svolta, tendenza invertita e via via rovesciando i termini a misura del risultato, anche quando è risicato sulla falsariga Gattinoni.

L’elezione diretta del governatore e del sindaco non ha azzerato e neppure mitigato i meschini esercizi post voto, ben lontani dalla montagna di questioni aperte su mille fronti e lasciate in balia delle varie emergenze, quale che fosse il governo in carica. La politica appesa ai sondaggi o agli esiti elettorali, persino insignificanti, conduce dritto alla logica degli schieramenti dove dominano le tabelline e le percentuali, trascurando le sfide sui contenuti che dovrebbero esserne il sale. Anche dopo la caduta delle ideologie e il lento declinare delle idee. Oggi però possiamo occuparci di opere e di quel quarto ponte che per anni è rimasto a bagnomaria nel dibattito tra geometri mancati, travestiti da sindaci. L’accidentato iter è sbocciato in questa primavera viabilistica solo quando e perché sono intervenuti i livelli superiori, dalla Regione, al Governo, all’Anas.

Va da sé che la benzina ce la devono mettere gli enti locali, condividendo le scelte e frequentando la pratica della mediazione, senza primogeniture e primattori. Nel dì di festa, evito accuratamente di avanzare dubbi e persino interrogativi in chiave critica e scettica, ma mi permetto qualche riflessione con spirito edificante. La prima riguarda la data di inaugurazione del ponte prevista per dicembre 2025. Sarebbe un record e il Lecchese se lo meriterebbe anche per un doveroso risarcimento dopo le pene della Lecco Bergamo, della strada della Valsassina e dell’attraversamento. Ma basta sfogliare la Provincia, testimone di “Opere e giorni” (nuovo talk di Unica tv) del nostro territorio, per rammentare che il ponte di Annone fu ricostruito in tre anni, nonostante i riflettori nazionali puntati per la drammaticità del crollo con una vittima sull’asfalto. Il ponte di Olginate si portò via un intero lustro e un coro di proteste. Il secondo rilievo riguarda il nesso con le Olimpiadi invernali 2026.

È ovvio che ogni infrastruttura destinata a favorire i collegamenti da Milano alla Valtellina è la benvenuta, ma il concetto tutto italiano di legare interventi essenziali e rinviati sine die agli eventi, vedi Expo, Olimpiadi, Giubileo, Mondiali ed Europei, in campo sportivo è un malvezzo e il segno di un deficit nella programmazione che parte da Roma e arriva al più piccolo dei Comuni. Tacendo con i calici in alto, dei futuri problemi del traffico sia in entrata, sia in uscita, ci piace chiudere con una spigolatura di storia locale. Proprio a marzo cento anni fa un decreto governativo sanciva la nascita della “Grande Lecco”, disponendo l’aggregazione dei Comuni confinanti. Preistoria o futuro?

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