Economia / Sondrio e cintura
Sabato 15 Giugno 2013
«Troppo tempo su Facebook
E non si è capaci di presentarsi»
Il sistema e il modello economico devono cambiare, magari rafforzando il meccanismo duale tra impresa e scuola, migliorando le relazioni fra formazione e mondo del lavoro. Ma anche i giovani, dal loro fronte, devono cambiare atteggiamenti e approccio al mondo del lavoro che certo non invogliano le imprese ad assumerli.
Vanno in una doppia direzione gli appelli lanciati nel corso della Giornata dell’economia da Emanuele Bertolini, presidente della Camera di Commercio di Sondrio.
«La scuola ora - ha spiegato Bertolini - non va nella direzione delle imprese: un sistema duale tra scuola e imprese aiuterebbe invece i giovani stessi a conoscere meglio il mercato del lavoro e anche ad aumentare direttamente sul campo il patrimonio delle loro conoscenze. Dovremmo cercare di seguire l’esempio della Germania dove ci sono posti di lavoro vacanti e dove il Ministero ha stanziato 140 milioni di euro per corsi di lingua tedesca per chi viene a lavorare dall’estero».
Un cambio di modello economico che consenta anche di ricorrere in maniera più agevolata al nuovo lo strumento dell’apprendistato: Su questo aspetto Bertolini è categorico: «Fino a poco tempo fa questa tipologia di contratto era una vera opportunità di lavoro, inseriva i giovani e li formava. Oggi non lo è più, visto che presenta un costo per le imprese assolutamente sproporzionato e ha introdotto nuovi passaggi prevede e pesanti lacci burocratici. Ma anche questo contratto da solo non basta: serve, infatti, che anche i giovani facciano la loro parte e si rendano essi stessi protagonisti di un cambiamento.
«Prima il sacrificio - ha proseguito Bertolini - era una soddisfazione enorme, ora è una cosa che per i giovani, ma anche per i loro genitori, è da evitare. Bisogna quindi tornare a fare sacrifici». Ma è necessario anche impegnarsi di più nelle piccole cose: «È’ inconcepibile - ha sottolineato il presidente della Camera di Commercio di Sondrio - che i ragazzi utilizzino Facebook per parlarsi a pochi metri di distanza fra di loro e poi, quando vengono a fare un colloquio, non hanno guardato neanche il sito internet dell’azienda con cui fanno il colloquio, oppure non si premurano di accompagnare il loro curriculum con una lettera di presentazione che aggiunga qualcos’altro su di loro. E a queste condizioni è più difficile che io, come imprenditore, sia incentivato ad assumerli».
Mancanza di spirito di sacrificio e “limiti caratteriali” che, in un certo senso, dipendono da un modo diverso, rispetto al passato dei giovani di concepire il lavoro e, più, in generale, il loro stare al mondo: «Oggi i giovani - ha spiegato Carlo Buzzi, docente ordinario di sociologia generale all’Università di Trento - vedono il lavoro come un mezzo che non ha più valenza collettiva e sociale. I giovani sono passivi nel cercare un’occupazione e quando la trovano sono scarsamente coinvolti e incostanti. Tutto questo dipende dal fatto che i ragazzi di oggi si accontentano di vivere alla giornata, riducono le capacità di programmare, visto che rifiutano o procrastinano la scelta “definitiva”, che fa paura, e vivono tanti valori disgregati che però non vengono da loro percepiti come contraddittori gli uni con gli altri».
Sul tema anche torna Carlo Buzzi, sottolinenando il sempre maggior numero dei giovani che scelgono di andare all’estero: «Un giovane che va all’estero - ha concluso Buzzi - è un valore, a patto che gli si fornisca una prospettiva di ritorno. Oggi questa prospettiva però non c’è e bisogna trovare il modo di crearne le condizioni».
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