Non solo la guerra, ora anche la siccità
«Il mercato del grano è in allarme»

La crisi ucraina Il direttore generale della Molini Lario: «Giornate tese sui mercati finanziari» Preoccupano il possibile aumento dei prezzi e il rischio di dipendere da Canada e Stati Uniti

Mercati del grano in fermento da quando la Russia ha interrotto l’accordo sui corridoi di libero passaggio nel Mar Nero. Corridoi che da Odessa, Chornomorsk e Pivdennyi hanno consentito di esportare circa 32,9 milioni di tonnellate di cereali dall’agosto del 2022 fino a lunedì.

Mosca da mesi lamentava che la parte della Black Sea Grain Initiative, promossa da Nazioni Unite e Turchia, che prevedeva l’aggancio del sistema dei pagamenti russi a quello Swift internazionale, non fosse operativa.

Alta tensione

«Lunedì è stata una giornata molto tesa sui mercati finanziari internazionali, sono rimasti in positivo tutto il giorno, ma verso sera hanno stornato in negativo o chiuso in pari – afferma Alessandro Proverbio direttore generale di Molini Lario di Alzate Brianza - Dai tre porti sul Mar Nero non ci sono garanzie, però è pur vero che in questo anno e mezzo l’Ucraina ha sviluppato reti alternative di export, dal rafforzamento dei porti sul Danubio al trasporto su gomma e ferrovia. Il conflitto ha inoltre diminuito, per ovvie ragioni, la produzione locale e la spinta verso l’export rispetto al 2022 sarà inferiore». La produzione di grano dell’Ucraina per il 2023/24 è attesa di 17,5 milioni di tonnellate contro i 25 del 2022, quella di mais di 25 mmt contro i 27 dell’anno scorso. Martedì la situazione appariva ancora in subbuglio, anche per via dei bombardamenti sulle infrastrutture nel porto di Odessa.

Le prospettive

Da non sottovalutare anche il problema dei Paesi limitrofi alle zone di guerra: «Si sono trovati invasi dal grano ucraino, ricordiamo che per facilitarne l’esportazione, l’Europa ha tolto i dazi doganali all’Ucraina. Situazione che ha fatto crollare i prezzi interni e che ha portato gli agricoltori a insorgere e i governi a bloccare l’import di grano ucraino. È intervenuta la Comunità Europea che ha sovvenzionato gli Stati con 100milioni di euro, i Paesi hanno poi concesso il transito delle merci».

Giornate complicate per chi si occupa di cereali anche per altri fattori come quelli climatici: «Il settore del grano duro sta registrando criticità in merito alla qualità in Italia e in Francia, mentre nel resto d’Europa c’è un problema anche legato alla produzione a causa della siccità: Spagna, Nord Africa e Grecia, hanno prodotto molto meno rispetto agli standard. Il mercato è in agitazione e si parla di possibili aumenti dei prezzi, saremo dipendenti da Canada e Stati Uniti per gli approvvigionamenti». Dal punto di vista del grano tenero è un po’ presto per giudicare la qualità, i raccolti si stanno ancora attuando. «In Italia il grano raccolto pre temporali non è male, ma quello rimasto in campo, vittima di acquazzoni, si può prospettare che sarà utilizzato soprattutto a uso zootecnico piuttosto che per l’industria molitoria. In Europa i raccolti sono in ritardo ed è presto per fare previsioni, probabilmente si avrà un buon raccolto, ma non abbiamo certezze, si apriranno spread sulla qualità, i grani di forza verranno pagati di più rispetto a quelli di base su linea storica». Fattori che hanno scombussolato gli equilibri di mercato: «Il quadro più chiaro si avrà a fine agosto. In merito alla quantità per il tenero ma anche per il mais, è previsto un raccolto record nel mondo, se non si innesteranno ulteriori tensioni geopolitiche o climatiche, tendenzialmente ci si può aspettare una fase di prezzi inferiori rispetto agli ultimi due anni».

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