Non c’è manodopera,Svizzera in allarme

Confine Grido d’allarme dell’Associazione datoriale Economic suisse: «Aperte circa 130mila posizioni»

Dall’influente Associazione datoriale EconomieSuisse è arrivato ieri un nuovo e importante grido d’allarme sulla carenza di manodopera - in primis qualificata - a livello federale. In una lunga nota, EconomieSuisse ha spiegato che «la Svizzera si trova dentro uno sconvolgimento demografico, le cui conseguenze paiono diventare sempre più evidenti». Per questo motivo, «senza un’ulteriore crescita dell’occupazione, entro il 2040 bisognerà fare i conti con una carenza di posti di lavoro pari a 431 mila unità. Un dato che oggi equivale all’8% circa della popolazione attiva nei diversi segmenti dell’economia».

È chiaro che di fronte a questo quadro della situazione tutt’altro che rassicurante, il primo rimando diretto è all’effetto “calamita” che la vicina Svizzera continuerà ad esercitare negli anni a venire sulle province di confine. Rispetto alle dichiarazioni totalmente pro manodopera italiana (e in generale straniera) di questi anni, EconomieSuisse ha in parte corretto il tiro, spiegando che i frontalieri da soli non basteranno a colmare questo gap. «La carenza di manodopera rappresenta un vero e proprio allarme - ha rimarcato, con tutta l’enfasi del caso, il presidente dell’Unione Svizzera degli Imprenditori, Valentin Vogt -. Attualmente risultano aperte circa 130 mila posizioni. Un dato che rappresenta un freno per l’intera economia federale». Eppure i numeri dei frontalieri continuano ad aumentare, con il Ticino che ha toccato nel primo trimestre dell’anno la quota record di 78320. Ad inizio agosto si conoscerà il dato del secondo trimestre, in cui- si capirà se c’è stata o meno l’annunciata accelerazione prospettata nelle settimane precedenti l’approvazione in terza lettura dell’accordo fiscale, non ancora pubblicato peraltro in Gazzetta Ufficiale. Questo perché - stando alle proiezioni che circolano ormai da diverso tempo - i nuovi frontalieri risulteranno più penalizzati rispetto ai “vecchi” cioè a quelli assunti con le regole d’ingaggio dell’intesa del ’74. «L’immigrazione resta comunque il principale bacino cui attingere, considerato che l’80% degli stranieri confluisce direttamente nel nostro mercato del lavoro».

© RIPRODUZIONE RISERVATA