Lo smart working. Dopo l’emergenza è utilizzato da pochi

I contratti Il ministro annuncia modifiche normative . Matteo Dell’Era, consulenti del lavoro: «Ma nel Lecchese solo le realtà più grandi adottano ancora lo strumento»

Sono in arrivo modifiche di legge sullo smart working.

Tuttavia il presidente dell’Ordine provinciale dei consulenti del lavoro, Matteo Dell’Era, ricorda che «sullo smart working ciò che il territorio lecchese aveva da dare l’ha dato, così come le aziende che hanno deciso di strutturarlo dopo la fase di emergenza Covid si sono già organizzate per farlo. E chi ha deciso di tornare al classico lavoro in azienda non cambierà idea neppure a fronte di eventuali modifiche di legge, che tuttavia di certo ci aspettiamo che arrivino presto».

In proposito il ministro del Lavoro, Marina Calderone, già in occasione della presentazione a Montecitorio del “Rapporto Inapp 2022-Lavoro e formazione, l’Italia di fronte alle sfide del futuro” ha annunciato come sia tempo di guardare, anche per il lavoro agile, a «una piattaforma di diritti e tutele comune a tutti i lavoratori, a prescindere dall’inquadramento, intervenendo su ogni singola tipologia con provvedimenti ad hoc attraverso un investimento sulla contrattazione di secondo livello, in modo da cucire le regole sulle esigenze della singola realtà produttiva».

Si metterà mano dunque, stando alle dichiarazioni, ad aspetti quali la formazione, gli infortuni e la salute sul lavoro, i controlli. E nello specifico del lavoro agile Calderone ha aggiunto che «il modello normativo dello smart working, quello della legge 81 del 2017, non è quello che noi abbiamo sperimentato e questo è un esempio di una norma oggi vigente che è già vecchia rispetto ai modelli attuali».

Si attende dunque di vedere come sarà la riforma normativa e come la prenderanno i sindacati, convinti che lo smart working vada regolato nel massimo dettaglio possibile attraverso la contrattazione nazionale, con i contratti di più recente rinnovo che oggi includono sia il lavoro agile vero e proprio, basato sul risultato e senza vincolo di orario e di luogo di lavoro, sia il lavoro da remoto, solitamente “da casa”, con obbligo di orario, luogo e controllo del datore di lavoro.

Dell’Era ci dice che ad oggi fra le imprese clienti del suo studio non va oltre il 20% la quota di imprese che stanno utilizzando lo smart working e che in provincia di Lecco «fino ad oggi abbiamo visto più home working che vero e proprio lavoro regolato con ciò che la legge prevede sul lavoro agile. A emergenza terminata ora solo le imprese più grandi abbiano deciso di strutturare il lavoro da remoto e sottolineo che nel Lecchese non tutti i lavoratori che erano stati messi in smart working durante il Covid hanno poi valutato di richiederlo».

Fino a fine marzo resta dunque attiva la procedura semplificata dedicata a lavoratori con situazioni di fragilità «ma ci aspettiamo interventi normativi non solo sullo smart working ma anche su diversi aspetti, anche di contrattazione nazionale, in primis probabilmente sui contratti a termine - afferma Dell’Era -. Così come ci aspettiamo da un lato interventi a favore dei lavoratori meno garantiti, lavoratori a chiamata o a part time con una quantità molto bassa di ore lavorate che quindi non consentono una retribuzione sufficiente a una vita dignitosa come previsto dalla Costituzione, e all’altro maggiori strumenti di flessibilità per le aziende».

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