«Denaro più caro. È un costo pesante per tante imprese»

Politica monetaria Dopo l’aumento dei tassi della Bce. Il consulente Paolo Fusaro: «Con l’interesse variabile l’azienda si ritrova a rimborsare il 3% in più in un anno»

«Siamo in uno scenario delicato per i riflessi del nuovo aumento dei tassi d’interesse da parte della Bce. I tassi dei finanziamenti alle imprese stanno lievitando in modo molto veloce e ciò pesa parecchio su chi ha aperto finanziamenti nel giro dell’ultimo anno e ora si ritrova con un 3% in più da pagare sui rimborsi». Paolo Fusaro, consulente finanziario del credito per Italfinance Group e consulente finanziario anche per numerose imprese lariane, traccia un quadro di come le imprese cercano di navigare dopo il nuovo aumento dei tassi di interesse e in vista del nuovo rialzo annunciato dalla Bce per marzo.

Coperture assicurative sul rialzo dei tassi (cioè i controversi derivati) e consolidamento del debito, che a fronte di un allungamento della durata si fa più sostenibile ma anche parecchio più costoso sono le strade sono due strade per far fronte alla pressione finanziaria.

Sui derivati Fusato afferma che «le pmi devono dare un’analisi dei propri debiti e quando sono a tasso variabile pensare anche a sfruttare qualche forma di derivato. Se si utilizza quello giusto il derivato mette al riparo. Il problema – aggiunge – è che, come noto, sul mercato dei derivati c’è poca trasparenza. Sarà brutto da dire ma va detto: se a proporti il derivato è una banca, lo strumento sarà anche costruiro a dovere, ma l’esperienza mi insegna che c’è poca trasparenza a grande difficoltà di smobilizzo: significa che se quello strumento non si mostra efficiente non lo posso vendere domani. La banca fa il proprio interesse. I derivati vanno bene se costruiti su misura e se si prestano ad essere abbandonati facilmente se non funzionano».

E per le pmi che intendano ora accedere a nuovo credito la strada è comunque più difficile e onerosa: «Ci sono alternative, come il nuovo bando di Credito evolution di Regione Lombardia, per cercare di abbattere i tassi con finanza agevolata – afferma Fusaro -, in attesa che il Pnrr sia messo a regime anche verso la necessità di favorire le aziende in tal senso. E ricordo – aggiunge – che esiste anche un grande segmento di finanziamenti commerciali in cui le controparti si accordano direttamente per dilazionare il pagamento delle forniture».

Una situazione generale che ricade anche sulle scelte di investimento finanziario delle imprese e mette in gioco anche le soft skill dei giovani operatori finanziari che si trovano spiazzati, anzi «destabilizzati» per dirla con Fusaro, consulente di lungo corso, nel dover gestire proposte di finanziamento che a ottobre quotavano il 3,5% e ora sfiorano l’8%.

«Oggi in Italia il benckmark degli investimenti è il Btp decennale che ora rende circa il 4% - afferma Fusaro -. Gli investitori e gli imprenditori preferiscono questo tipo di investimento perché così hanno la certezza di recuperare il 4-5% di valore”. Con un esempio spiega che a fronte di una piattaforma fintech che fino a pochi mesi fa si vedeva arrivare un centinaio di milioni da un Fondo di investimento con la richiesta di piazzarli per un rendimento del 5%, solitamente li riversava nell’economia reale differenziando il rischio: «Ma oggi i défault sono più frequenti – afferma Fusaro – e quei 100 milioni vengono messi direttamente nel Btp a 10 anni che rende uguale con molto minor rischio e impiego di risorse di gestione. E ciò non toglie liquidità al mercato, perché ce n’è tanta, però la fa diventare più cara».

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