Allarme di Confartigianato: «In Valchiavenna mancano 200 lavoratori»

Alle imprese della Valchiavenna mancano 200 lavoratori. Questo il numero, abbastanza impressionante, emerso venerdì sera durante l’incontro organizzato da Confartigianato con le realtà artigianali di Villa di Chiavenna, Piuro e Chiavenna. Tanti gli imprenditori presenti nella sala assemblee della Comunità montana della Valchiavenna. Un incontro voluto dal presidente mandamentale, e vicepresidente provinciale Andrea Lorenzini, per presentare, per voce del direttore di Unidata Francesco Maletti e della consulente del lavoro Silvia Proserpio, i servizi legati al Datacenter, hosting, backup da remoto e soluzione di didaster recovery.

Dopo l’intervento del segretario provinciale Alberto Pasina, il piatto forte della serata. La situazione riguardante la carenza di manodopera. Il dato è allarmante. Complessivamente al settore produttivo e commerciale della valle mancano circa 200 lavoratori: «Si parla dell’intera economia della valle – ha spiegato Lorenzini – quindi industria, artigianato e commercio. La situazione è preoccupante. Vogliamo sottolineare la necessità di un cambiamento di passo nei rapporti tra il mondo del lavoro e la scuola. Anche se qualche miglioramento c’è stato, e salutiamo con favore il fatto che il prossimo anno ci saranno tre classi di ebanisti all’istituto professionale Caurga, c’è bisogno di una maggiore connessione perché le aziende sono in difficoltà. Abbiamo cercato con l’orientamento scolastico di sensibilizzare avendo dei riscontri positivi, ma non è sufficiente».

C’è poi il secondo fattore, comunque legato al primo. Cioè la concorrenza esercitata dalla vicina Svizzera, dove le paghe sono molto più alte di quanto il sistema italiano possa garantire ai lavoratori. Una situazione che in alcuni settori, si pensi ai pubblici esercizi, sta avendo impatti pesanti. Non sono pochi i bar e i ristoranti che hanno deciso di comprimere l’orario di apertura o di effettuare un doppio giorno di chiusura settimanale proprio perché senza maestranze. Un serpente che si morde la coda, perché è anche vero che l’alta disponibilità di reddito da parte di chi lavora oltre confine si traduce poi in maggiori consumi una volta rientrati in Italia: «Sappiamo che c’è anche questa problematica, ma non possiamo nasconderci che la presenza della Svizzera sia anche una risorsa per il territorio – ha concluso Lorenzini - . Crediamo che la carenza di lavoratori sia determinata soprattutto dalle scelte degli studenti, ancora poco propensi ad orientarsi verso indirizzi professionali».

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