Tentò di uccidere il figlio neonato
Incapace di intendere e di volere

A maggio davanti al giudice una giovane mamma. L’episodio a Como lo scorso anno

Comparirà davanti al giudice per rispondere dell’accusa di tentato infanticidio, una ventenne cittadina straniera residente in città che nel luglio dello scorso anno - secondo l’accusa - avrebbe tentato di togliere la vita al figlio appena dato alla luce. Un’udienza preliminare che, salvo sorprese, dovrebbe concludersi con il non luogo a procedere nei confronti della giovane in quanto giudicata incapace di intendere e di volere da una consulenza psichiatrica chiesta dalla Procura.

I fatti risalgono all’estate scorsa. La ragazza, poco più che maggiorenne, allaccia un rapporto affettivo con un coetaneo. In seguito a quella relazione, dopo alcuni mesi, lei resta incinta. Ma, come spesso accade tra adolescenti, nel frattempo i due si lasciano (pare che il fidanzato non fosse a conoscenza del fatto che la giovane aspettasse un figlio) e lei decide di portare a termine la gravidanza tenendola nascosta il più possibile ai suoi genitori.

Quindi, a luglio dello scorso anno, la giovane inizia ad avvertire le doglie. E anche in questo caso, anziché chiedere aiuto e domandare ai genitori di accompagnarla in ospedale per il parto, decide di chiudersi in bagno e fare tutto da sola. Lo psichiatra consulente della Procura non ha alcun dubbio: in quel momento la giovane, in profonda crisi, non è più assolutamente in grado di valutare le proprie azioni. E così, appena il bimbo nasce, lei afferra delle forbicine che usa per colpire più volte il figlio neonato. La giovane proverà a spiegare che si era trattato di un errore, che lei voleva solo tagliare il cordone ombelicale e che nella foga è finita per colpire anche il piccolo, ma i medici riscontrano lesioni alla gola e al petto del tutto incompatibili con l’ipotesi di un incidente.

Per fortuna i genitori sentono il pianto del bimbo, intervengono e chiamano il 118. Madre e bimbo vengono portati in ospedale e il piccolo viene salvato. Di lui si è poi preso cura il Tribunale dei minori, che ha avviato le pratiche che hanno consentito al bimbo di trovare dei genitori, attraverso l’adozione.

Nel frattempo la Procura ha avviato l’indagine per accertare le eventuali responsabilità della ventenne e nelle scorse settimane ha chiesto il rinvio a giudizio, passaggio necessario per portare davanti al giudice la consulenza psichiatrica destinata a dichiarare la donna non colpevole, perché non capace di intendere e di volere.

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