Dopo otto mesi Bambi è di nuovo a casa

Chiesa in Valmalenco Il cervo allevato e svezzato in cattività è tornato dal suo “papà” Giovanni Del Zoppo. Da agosto ha allestito una vasta area recintata in cui è possibile tenere l’animale in sicurezza secondo le norme

Grande concitazione in casa Del Zoppo nella giornata di ieri, per il rientro in Valmalenco dell’amato Bambi. Il cervo più famoso d’Italia, infatti, è tornato in valle, come hanno voluto contro tutti e contro tutto il ”papà” Giovanni Del Zoppo, con la moglie Barbara, i figli Sara e Nicola e le nipotine Carlotta e Caterina (di 10 e cinque anni). Che si sono battuti senza tregua per riaverlo.

La vicenda

Trovato nel bosco, il cervo era stato svezzato e adottato dai Del Zoppo, che tuttavia avevano dovuto trasferirlo per la mancanza di strutture idonee ad allevarlo. Era il 22 agosto dello scorso anno quando Bambi è stato posto sotto sequestro dalla Polizia provinciale e trasferito all’agriturismo di Dazio, “La Pedruscia”, che lo ha tenuto fino a ieri.

Superato lo choc del momento, i Del Zoppo hanno iniziato la loro lotta per farlo tornare in Valmalenco. «Ce l’abbiamo fatta, alla fine abbiamo vinto - ci ha detto Giovanni Del Zoppo ieri pomeriggio -. Finalmente Bambi è qui con noi, alla Braciascia e sta benissimo. É un po’ magretto, però sembra che vada tutto bene. Starà bene qui con noi, sarà presto in forma».

Il cervo, che ormai ha quasi tre anni, è alle 13.30 di ieri ai 1.600 metri di località Luna, poco sotto Chiareggio, dove la famiglia Del Zoppo, supportata da tanti amici, gli ha preparato un recinto da re.

Bambi l’ha capito subito che quella era casa sua, perché si è accovacciato sul prato ormai sgombro dalla neve, all’ombra dei larici. Certo, ancora un po’ intontito dal sedativo che gli è stato somministrato per favorire il trasporto in sicurezza da Dazio, però abbastanza reattivo.

«Siamo andati a prenderlo noi - afferma, orgoglioso, Del Zoppo - e il viaggio è andato bene. Con noi c’era anche il veterinario dell’Ats che lo aveva già sedato all’andata e ci siamo fermati qualche volta per controllare che fosse tutto a posto, che Bambi stesse bene. Ma era tranquillo».

A facilitare il trasferimento del cervo, anche il fatto che abbia perso da poco il suo palco, ora in lenta ricrescita. Palco che avrebbe costituito un maggiore ingombro se fosse stato nel pieno del suo sviluppo.

«Desidero ringraziare tutti gli amici che mi sono stati vicini, in questi mesi (più di otto, nda) e che mi hanno supportato sia con la raccolta fondi sia con la costruzione del recinto e, ancora, nel portare avanti le pratiche per ottenere l’autorizzazione all’allevamento del cervo in Provincia - tiene a sottolineare Del Zoppo -. Riavere Bambi non è stato facile, per cui ringrazio tutti. La Celbas di Chiesa che mi ha offerto la rete per la recinzione, non poca tenuto conto che parliamo di un terreno di 8mila metri quadri. Poi Denis Mottini, che mi ha fatto omaggio di tutti i pali del recinto e anche qui si parla di non so quanto legname. Inoltre il falegname Mauro Rossi, di Chiesa, che mi ha realizzato la casetta in legno con copertura in piode, dove alloggiare Bambi in caso di maltempo e dove abbiamo messo la mangiatoia».

Un lavoro studiato nel dettaglio. Ora Del Zoppo potrà dare da mangiare al cervo stando al di fuori dal recinto «così lo posso alimentare in sicurezza anche quando va in calore e diventa più pericoloso - dice, mostrando di aver ben compreso il comportamento dell’animale -. E, appena possibile, vorrei anche portargli compagnia. Se riesco, due cerve attraverso il Parco dello Stelvio».

Intanto ieri Bambi ha ricevuto valanghe di coccole. Dal papà adottivo, dalla “mamma” Barbara e soprattutto da Carlotta e Caterina, in visibilio totale.

Felice anche Cesare Mitta, di Enalcaccia Sondrio, sodalizio che da subito aveva appoggiato la lotta di Del Zoppo per riavere il cervo. «Dopo tante fatiche e sacrifici, anche economici, la famiglia Del Zoppo ha saputo dimostrare con i fatti come la richiesta a suo tempo avanzata perché il cervo restasse nel luogo ove era nato e cresciuto, era motivata e sincera - dice Mitta -. Esprimiamo apprezzamento per la giusta conclusione del caso . Ora la Valmalenco, grazie ad un’iniziativa privata, può vantare un luogo di detenzione di ungulati, inserito in un contesto ambientale splendido, difficilmente riscontrabile in altre realtà».

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