Quei trapper ribelli simboli di stupidità

Uno ci prova, a scandalizzarsi. Ce la mette tutta. Ma niente: non è possibile. L’effetto indignazione, che è moto spontaneo dei sentimenti, non emerge, non sgorga, non scatta. Non c’è rabbia, non c’è paura. Anche un banale “Signora mia, dove andremo a finire?” sarebbe di troppo.

Eppure, in teoria è proprio quello che cercherebbero. Almeno, è quel che han sempre cercato individui, gruppi e aggregazioni varie desiderosi di mettersi di traverso, di contrastare la morale corrente, di osteggiare le abitudini, i valori e i pensieri dei cittadini “perbene”. “Épater le bourgeois”, sbalordire il borghese, era l’imperativo di gente come Baudelaire e Rimbaud e il sovvertimento del canoni artistici è stato il programma di tanti movimenti, in particolare nel Novecento, e non di rado di singoli individui, dotati di genio e coraggio, che hanno finito per imporre la loro visione, nuova e inedita, su quella comune, datata e assorbita nei cliché. Così nell’arte e così nella musica. Ma anche nella moda e addirittura nella filosofia e nella politica. Perfino nella scienza e nella produzione industriale.

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