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Se ne parlava da giorni e ieri si è atteso fino a tarda sera il provvedimento che doveva istituire la «zona rossa» per i Comuni di Alzano e di Nembro, in provincia di Bergamo. In ogni caso, in maniera tardiva, visto che da tempo si sapeva che la situazione in quelle zone era preoccupante almeno quanto quelle del Lodigiano. Ma tant’è, zona rossa o meno, si può tranquillamente dire che i buoi hanno lasciato la stalla da mo’, e mettere oggi barriere e confini (che virus e batteri non rispettano…) non ha la stessa efficacia se il provvedimento fosse stato preso prima, e soprattutto se le severe e sacrosante misure subito adottate dal governo fossero state mantenute strenuamente, senza cedere - come purtroppo è accaduto - alle insensate pressioni dei social e di una certa parte del Paese, capace solo di criticare senza peraltro pagare il dazio delle proprie sentenze. Le drastiche misure decise da Roma e da Milano per non diffondere il coronavirus, o comunque per ritardarne il più possibile la diffusione, sono giustissime e, purtroppo, sono le uniche che si possono prendere. Crederle eccessive perché si sta parlando di un qualcosa che è poco più di un’influenza, è un errore imperdonabile e continuare a sostenerlo è semplicemente insensato. Quel che deve preoccupare di più non è tanto (o non solo) la mortalità (oggi stimata tra il 2 e il 3%), ma il fatto che una percentuale compresa tra il 10 e il 15% di chi viene colpito dalla nuova polmonite (e si ammala) ha bisogno di essere ricoverato in terapia intensiva per non morire. Il che vuol dire che se gli infetti sono 100, in terapia intensiva andranno in 10 o in 15, ma se sono 100 mila (e non siamo nel mondo della fantascienza, tutt’altro) in terapia intensiva ci dovranno andare tra le 10 e le 15 mila persone. «Banalmente» ciò che deve preoccupare è tutto qui. E deve preoccupare «semplicemente» perché i posti in terapia intensiva e sub intensiva di cui oggi disponiamo la normale amministrazione, tra post chirurgici programmati e le urgenze quotidiane (politraumi da incidenti stradali piuttosto che ictus o similari). Il governo sta potenziando moltissimo le terapie intensive degli ospedali, ma - al di là dell’aspetto economico, si tratta di un impegno finanziario non certo indifferente – non è cosa che si fa dalla sera alla mattina.

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