Lecco. Un anno fa la Voss:
Fabbrica vuota e tanti i ricollocati

L’azienda occupava settanta addetti, senza un lavoro le persone con meno competenze - I sindacati: «Restano le ferite di una delocalizzazione»

A un anno di distanza dalla sigla dell’accordo che ha salvato i 70 dipendenti della Voss di Osnago dal licenziamento, una buona parte si è ricollocata, ma c’è un gruppo di dipendenti che ancora non c’è riuscito.

«È la dimostrazione dei problemi che restano sui territori quando una multinazionale decide di delocalizzare», evidenzia Maurizio Oreggia, segretario generale della Fiom di Lecco. Sono trascorsi dodici mesi dalla chiusura di una vertenza aspra, aperta sulla base della decisione di dismettere il sito produttivo comunicata neanche un mese prima della paventata serrata dalla proprietà al personale. Per un mese e mezzo, a cavallo tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, i lavoratori presidiarono l’accesso dell’azienda, fino a quando non si giunse alla firma dell’intesa.

Oggi, lo stabilimento è rimasto una scatola vuota: rimosse le insegne, anche i timidi interessamenti che si erano raccolti nella primavera dello scorso anno non hanno avuto seguito. In questo periodo, frattanto, alcuni dipendenti sono stati richiamati dal management, in funzione di un sensibile incremento degli ordini, mentre un buon numero ha trovato una ricollocazione esterna.

Gli altri, troppo giovani per andare in pensione ma troppo avanti con gli anni per rientrare facilmente nel mondo del lavoro anche sulla base di competenze lavorative non particolarmente ricercate, stanno ancora seguendo i percorsi di riqualificazione professionale messi in campo dal gennaio dello scorso anno. A novembre la struttura della Provincia di Lecco ha concordato con i partner di non portare avanti azioni di rete, in funzione di numeri scesi in modo consistente rispetto ai mesi precedenti (a giugno ce ne erano in carico ancora oltre 40). È stata quindi attivata una Dote unica lavoro, intervento individuale per aiutare gli interessati singolarmente.

«In quest’anno – ha esordito Oreggia – molti lavoratori si sono rioccupati, ma quello che temevamo è avvenuto: i lavoratori fragili sotto il profilo della professionalità e dell’età sono rimasti inseriti in un percorso rivolto alla ricollocazione che ancora non ha potuto dare risultati concreti. Purtroppo si riconferma la necessità di un sostegno anche legislativo sul tema delle delocalizzazioni. La Voss è un esempio lampante di come, quando una multinazionale decide di chiudere un sito produttivo, sul territorio si determinano situazioni di disagio sociale per le persone fragili. Da questa vicenda traiamo anche un altro insegnamento, su cui comunque i sindacati insistono da tempo: bisogna riformare gli ammortizzatori sociali ripensandoli come strumento conservativo del posto di lavoro con l’impegno alle imprese a restare sul territorio».

Durante il presidio, a portare la propria solidarietà e il sostegno del sindacato ai lavoratori (oltre a una comunità intera) c’era anche Eliana Dell’Acqua, membro della segreteria della Fim Mbl. «Il sito ormai ha chiuso definitivamente. La dirigenza nei mesi scorsi ha valutato la possibilità di trasferirsi qui dall’altro stabilimento attivo a Osnago, ma la proprietà dello stabile ha deciso di non affittare più e la fabbrica è stata completamente liberata. Lì adesso non c’è più nulla. Tanti si sono dimessi perché hanno trovato un’alternativa, mentre qualcuno è andato in pensione e altri sono in sospensione di cassa. Abbiamo strutturato una rete, con capofila l’Istituto per l’avviamento al lavoro (Ial) che si sta occupando della riqualificazione di chi ancora non ha trovato un altro lavoro».

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