“Nuova” Banca popolare lecchese

«È penalizzato tutto il territorio»

I sindacati confederali sorpresi e allarmati dal progetto aziendale: «I numeri della raccolta e degli impieghi fanno capire l’impatto sulle imprese locali»

Da Banca popolare lecchese a Banca Progetto, con la conseguente chiusura delle cinque filiali (Lecco, Oggiono, Merate, Monza e Bergamo) nelle quali lavorano trenta persone.

La trasformazione societaria e il cambio di business (previsti dal piano industriale anticipato dai giornali) allarma i sindacati confederali che - almeno fino a ieri - non sono invitati al tavolo di trattativa al quale partecipa la Fabi (il sindacato autonomo dei bancari) che pure ha formalizzato la richiesta ai vertici della banca per far partecipare tutte le sigle sindacali all’incontro di martedì a Milano.

In una nota, Fisac-Cgil, First-Cisl, Uilca-Uil scrivono: «Apprendiamo con stupore del progetto di ristrutturazione della Banca Popolare Lecchese. Progetto che prevede la chiusura di tutti gli sportelli. La decisione - continuano i sindacati confederali - della nuova proprietà, subentrata dopo la cessione della Popolare Lecchese da parte del gruppo Banca Etruria impatta in modo pesante sul nostro territorio, tanto in termini occupazionali che economici».

I sindacati ricordano che la Banca popolare lecchese fu costituita nel 1994 «per iniziativa di imprenditori locali dopo la cessione della allora Popolare di Lecco alla Deutsche Bank». E che la Lecchese «serve tuttora migliaia di correntisti e fornisce credito a moltissime imprese, in particolare di medie e piccole dimensioni. Nei numeri (61 milioni di crediti di cui quasi 30 sono mutui; 68 milioni di depositi e 53 milioni di raccolta indiretta; 30 dipendenti) si ritrova l’impatto che la chiusura di questa azienda determinerebbe per l’economia locale, imprese e famiglie».

Il comunicato delle tre sigle confederali prosegue: «Certo, la crisi ha colpito questa come moltissime altre aziende ed i problemi legati al credito rappresentano un tema ineludibile per il settore bancario. L’aspettativa del rilancio della banca, auspicata dopo l’uscita dal gruppo Etruria, non può andare tradita e le risposte non possono essere quelle ipotizzate. Leggiamo nella relazione al bilancio al 31 dicembre 2015 che “gli amministratori ritengono ragionevole l’aspettativa che la banca possa continuare la propria esistenza operativa in un futuro prevedibile e pertanto hanno provveduto ad adottare il presupposto della continuità aziendale nella predisposizione del bilancio”. Di questo chiediamo conto alla proprietà, agli amministratori ed a tutti i soggetti della comunità locale».

I sindacati concludono: «Riteniamo doveroso che l’azienda convochi immediatamente al tavolo anche le nostre organizzazioni, insieme al sindacato aziendale, in quanto interlocutori indispensabili e portatori delle istanze collettive della nostra comunità che da questa decisione subirà pesanti ricadute sia per i lavoratori che per le imprese».

Va ricordato che il piano di riqualificazione e di riorientamento del business della Banca lecchese prevede investimenti di 100 milioni in cinque anni, una struttura con 150 dipendenti, e sedi a Milano e Roma

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