Lecco. La modernità dell’artigianato
in un libro di Cesare Fumagalli

L’ex segretario di Confartigianato ha scritto un saggio sulle piccole imprese

Il futuro è piccolo. O, meglio, è della piccola impresa, da sviluppare e digitalizzare, ma da prendere ad esempio e assumere come modello di sviluppo, perché ha caratteristiche di sostenibilità economica, sociale e ambientale che le grandi aziende non hanno.

È questo il principale dei messaggi che Cesare Fumagalli, per decenni alla guida di Confartigianato prima a livello territoriale e poi come segretario generale nazionale, ha voluto inserire nel libro “Piccola impresa, indicativo futuro. L’intelligenza del polpastrello”, presentato alla Casa dell’Economia.

«Il libro – ci ha spiegato - nasce dall’esigenza e dalla voglia , in un momento di svolta come quello che stiamo vivendo, caratterizzato dai cambiamenti portati dalla pandemia cui si è aggiunta la guerra, di affermare la centralità di un modello di cui noi siamo titolari in Italia, quello di una economia fondata in larghissima parte sul mondo della piccola impresa diffusa sul territorio». Secondo Fumagalli, infatti, questo è uno «straordinario modello di sviluppo: in un momento in cui i temi della sostenibilità hanno assunto grandissima importanza, la piccola impresa ha le caratteristiche quasi intrinseche di sostenibilità economica, sociale e ambientale. La prima è sancita dal successo di quelle che erano chiamate realtà tradizionali da chi le considerava un capitolo da superare; successo che invece continua, come dimostra il ruolo nel mondo del Made in Italy dell’abbigliamento, dell’arredo, della meccanica».

Anche la sostenibilità sociale, però, vede protagoniste le Pmi, perché «il modello di impresa diffuso sul territorio è quello che tiene cucito il tessuto sociale, cosa che altri modelli di sviluppo non fanno. Penso poi all’ambiente e anche qui rilevo la straordinaria modernità di questo sistema: la locuzione della casa bottega, con cui intendiamo che si produce nel posto in cui il titolare vive, è sinonimo di rispetto dei luoghi, perché non c’è una sede centrale in un posto con i disastri, anche ambientali, in un altro. Per questo affermo che nel momento in cui c’è da cambiare modello è necessario puntare, sviluppandolo, su questo».

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