Donizetti sconosciuto
«L’Italia dimentica
il valore della musica»

L’espertoIl musicologo lecchese sullo spettacolo
controcorrente di Francesco Micheli al teatro sociale

«C’è molto da fare, soprattutto a scuola»

La prima serata delle Primavere di Lecco si svolgerà al Teatro della Società martedì e sarà dedicata alla riscoperta dell’opera di Donizetti.

Una proposta controcorrente come è tradizione delle Primavere, che si propongono proprio i sparigliare le carte e portarci a riflettere oltre la banalità. Con il suo spettacolo “Donizetti Revolution”, Francesco Micheli, direttore artistico della Fondazione Donizetti di Bergamo, presenterà la figura e l’opera del celebre musicista in modo assolutamente nuovo; si affronterà il legame di Donizetti con la terra lombarda, il suo percorso artistico e i motivi per cui questo musicista sia uno dei compositori italiani più rappresentati e amati nel mondo, ma non in Italia.

Angelo Rusconi, il musicologo lecchese, anima del festival Voces: «In effetti – dice Rusconi – la musica in Italia è innanzitutto ignorata dalla scuola. Persino al liceo classico, in cui si ha un’infarinatura su tutto lo scibile umano, la musica non esiste. La conseguenza è che nel bagaglio culturale della stragrande maggioranza degli italiani questa disciplina è sconosciuta. E questo è un fenomeno moderno perché nel passato, nella normale educazione, la musica c’era».

Resta da capire cosa si possa fare allora per ovviare a questa lacuna, che ci esclude da un linguaggio frequentato da grandi italiani come Verdi o Donizetti, appunto: «Nell’ambito del Civico istituto di musica “G. Zelioli” di Lecco, che ha come direttore Gianluca Cesana e in cui insegno, oltre ai corsi per gli studenti abbiamo introdotto corsi di guida all’ascolto aperti a tutti. All’inizio facevamo delle lezioni di storia della musica, poi ci siamo accorti che era necessario fare un passo indietro perché la gente aveva innanzitutto bisogno di ascoltare».

Bombardamento

«Bombardati come siamo da suoni di ogni genere da messaggi veloci, da digerire in fretta e furia, la musica ci insegna una logica opposta; avvicinandoti alla musica impari ad ascoltare non a sentire. In questo senso è veramente qualcosa di educativo, che recupera qualità mentali che stiamo perdendo. Ci sono opere di meravigliosa lunghezza, che non siamo più in grado di apprezzare, così come è sempre più difficile far leggere un capolavoro come “Guerra e pace”. Quella della musica è una profonda esperienza estetica e spirituale. L’orecchio si può allenare e si possono mettere in atto strategie per ascoltare meglio e per non essere succubi dei suoni che ti cadono addosso. La musica, poi, è un’esperienza fortemente socializzante».

I ragazzi e la scuola

In questo discorso è ovvio che la scuola potrebbe fare molto, ma da dove dovrebbe cominciare per introdurci alla musica? «È evidente che la scuola in generale non dovrebbe avere il compito di farci diventare tutti dei primi violini dell’orchestra della Scala, ma almeno due obiettivi potrebbe porseli. Innanzitutto permetterci di diventare dei buoni ascoltatori, capaci di apprezzare e riconoscere certi capolavori. In secondo luogo dovrebbe insistere sul canto corale. Cantare in un coro ti permette di ascoltare te stesso ma anche gli altri, è un’esperienza educativa».

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