«Agente e uomo attento alla società
Ed è morto per 1.500 euro al mese»

Il sindacalista Daniele Bena (Silp Cgil): «Oltre a essere poliziotti, siamo una famiglia - Professionalità e coscienza gli sono costati la vita»

«I rischi nel nostro lavoro ci sono e sono molti com’è ormai chiaro. Purtroppo a livello economico non sono riconosciuti. Francesco ha lasciato la sua vita per uno stipendio di millecinquecento euro al mese. Troppo poco com’è comprensibile». Questo ci dice Daniele Bena, segretario regionale della Silp Cgil, il sindacato della polizia a cui era iscritto Francesco Pischedda.

Anche Bena era presente venerdì ai funerali del giovane poliziotto: «Siamo stati vicini ai genitori e alla compagna di Francesco Pischedda perché tutti noi, oltre ad essere dei poliziotti, siamo una famiglia. Mi piace sottolineare che molti dei colleghi presenti al funerale avevano lavorato tutta notte e la mattina dopo, proprio sul caso di Colico. Questo è il nostro lavoro e Francesco lo ha vissuto con una professionalità ed una coscienza che gli è costata la vita». In questi ultimi tempi appare sempre più chiaro che quello delle forze dell’ordine non è un lavoro “qualunque”: «Quella pattuglia poteva svolgere il suo compito in modo “normale”, invece ha visto un furgone con diverse persone a bordo ed ha deciso di fermarlo, anche se le condizioni non erano le migliori. Insomma, hanno scelto di fare qualcosa in più. I reati contro il patrimonio, i furti negli appartamenti, mettono le comunità sotto pressione. Per questo la pattuglia, tra cui c’era Francesco, ha deciso di intervenire, evidenziando un grande senso di servizio nei confronti dello Stato e della comunità. Non mi piace parlare di eroi, diciamo che la pattuglia di Francesco ha fatto molto bene il suo lavoro». Come si diceva in precedenza questo lavoro rischiosissimo non è economicamente riconosciuto come dovrebbe: «Dico solo che sono dieci anni che stiamo lavorando per firmare un nuovo contratto; questo fa capire che le difficoltà non mancano. I tagli fatti dal governo Berlusconi hanno, per esempio, portato alla mancanza di un ricambio generazionale. Francesco aveva 28 anni, ma la media dell’età dei poliziotti oggi è di 45/48 anni. Troppo alta come si può comprendere. Quello che non si vuol riconoscere è l’importanza e la rischiosità della normalità del nostro lavoro. Lo dimostrano altri recenti fatti accaduti nella nostra regione, come l’investimento di un poliziotto da parte di uno spacciatore qualche mese fa». Conclude: «Francesco era iscritto al sindacato di polizia della Cgil perché aveva una sensibilità sociale spiccata». n 
Gianfranco Colombo

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