«Se mi chiamasse il Lecco
un pensierino lo farei»

Alberto Colombo, di Cesana Brianza, ha guidato il Monopoli ai recenti quarti di finale playoff in Lega Pro.

Alberto Colombo da Cesana Brianza è un lecchese atipico. Ha giocato nel grande Lecco di Cadregari dal 1996 al 1998. Poi in altre squadre e quindi, da dieci anni, è uno degli allenatori emergenti, e giovani (ha 48 anni nonostante la sua esperienza), della serie C. Si è parlato anche di lui per un possibile incarico bluceleste. Se non altro perché lo conosce Domenico Fracchiolla, e perché ha allenato fin nei quarti di finale di Lega Pro il Monopoli, squadra che si è battuta contro il Francavilla, superandolo… Insomma, corsi e ricorsi storici. Ma lui è anche un allenatore che vorrebbe riavvicinarsi alla sua Lombardia. E noi abbiamo provato a capire se, per caso, c’è anche Lecco nei suoi pensieri…

Una stagione da incorniciare quella del suo Monopoli. Vero?

Siamo contenti. Siamo andati molto oltre le previsioni, ma ci abbiamo preso gusto. Avevo sentito Fracchiolla ed ero al corrente del fatto che andasse a Francavilla. E del suo interessamento in generale per le mie sorti. Non credo per il Lecco, però. D’altronde con il Francavilla è stato un derby costante: c’è molta rivalità sportiva tra le due realtà. Nel prevalere una sull’altra, nello stare davanti in classifica… Anche se non è un derby classico. Essendo piccole e giovani tutte e due, con una storia calcistica relativa, non vedono l’ora di prevalere. Per il Francavilla è con il Taranto il derby. E per il Monopoli con il Brindisi. Ma, al contempo, sono state sfide caldissime anche quelle che ho vissuto io.

E il Lecco?

Da Lecco non mi hanno mai chiamato. Sono ancora incerto sul da farsi, in generale. Non ho rinnovato con il Monopoli, ma ne stiamo parlando. Per ora sono fermo. Anche perché magari nessuno mi ha chiamato perché fino a sabato ero ancora nei playoff e volevano vedere dove sarei potuto arrivare. Ora sono libero.

Si può fare una squadra di giovani? A Lecco ma anche in serie C in generale?

Io avevo una squadra con l’obbligo dei tre “under”, ma non avevo altri impegni. Il minutaggio sì, ma due dei miei “giovani” che giocavano sempre erano dei 1999 per cui giovani per modo di dire. Avevano già 23 anni quest’anno… Per cui non giovanissimi. Avevano già un’esperienza importante alle spalle. Ma tutto è determinato dalle aspettative della piazza e dalle ambizioni della società. Per lavorare con i giovani devi avere un “ds” molto bravo che li conosca.

E dunque?

Capisco la politica delle società che sono in difficoltà, ma il rischio è navigare tutti gli anni tra i playout e la retrocessione diretta. Appena sbagli, vai giù E non credo che Lecco per blasone sarebbe favorita. Certo, la società è meglio che esista in un determinato modo, piuttosto che sparire. Diventa più facile, però, farlo in piazze meno importanti rispetto a Lecco.

Insomma, Colombo, lei il Lecco lo segue ancora… Pare informato…

Lo seguo sempre, come tutte le squadre nelle quali ho giocato. E poi sono un lecchese di Cesana. I due anni di Lecco da giocatore sono stati tra i miei migliori: la promozione in C1 a Monza del 1997, il primo anno di C1 con la vittoria del derby. Ho vissuto due anni fantastici. Tutti si ricorderanno l’anno di Cadregari. È stato memorabile per come giocavamo e per quanto avevamo espresso. Vittorie storiche a Como, a Modena, con il Cesena... Ma la partita più bella fu contro il Livorno: perdemmo in 10 contro 11 2-1 nel finale, sotto la pioggia, ma dopo 90 minuti di assedio ai toscani…

Cosa farà, dunque?

Non lo so. Penso che a fine settimana tornerò a Cesana Brianza. Dalla mia famiglia, dalla moglie e i figli. E questo è un fattore da prendere in considerazione. La lontananza si fa sentire. Anche se sei sempre via, se sei vicino è facile riprendere il filo famigliare… Altrimenti resti lontano per trenta-quaranta giorni di fila.

Allora se la chiamasse il Lecco verrebbe?

Sicuramente ci penserei. Sia per quanto ho vissuto da giocatore, sia perché negli ultimi anni ha fatto sempre bene. Sui giovani bisogna trovare quelli bravi, per cui bisogna conoscerli, ma soprattutto avere rapporti con le società maggiori (Atalanta, Empoli e via dicendo) o con quelle che hanno giovani di talento. Con abilità si può fare una squadra di semisconosciuti. A Monopoli siamo stati un esempio: partiti per la salvezza, poi ci siamo ritrovati lì per meriti che non conoscevamo di avere e poi la consapevolezza ha fatto il resto…

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