Possanzini sponsor di Tacchinardi
«È l’allenatore ideale per il Lecco»

Calcio serie C Ora mister, l’ex attaccante bluceleste conosce bene le doti dell’amico Alessio. «Era ed è un grande motivatore ed è in grado di trasmettere una mentalità non banale».

Era un “toro” da giovane. È un meditativo da “vecchio”. E per lui, Davide Possanzini, classe 1976, ex attaccante del Lecco 1995/1996 scoperto e voluto da mister Elio Gustinetti nella stagione precedente la promozione in serie C1, la scelta di mettere mister Alessio Tacchinardi in panchina, è una delle migliori possibili. Come mai? Perché il “Possa” con Tacchinardi ci ha giocato.

L’attaccante ex bluceleste nei suoi sei campionati con le rondinelle lo ha avuto come compagno di squadra. E lo apprezza moltissimo. Se sarà lui il prossimo allenatore del Lecco, per Possanzini i blucelesti non potranno che fare bene: «Un Lecco giovane mi piacerebbe. E Alessio ha sicuramente un grande potenziale. Ha due anni in più di me e ha giocato con me a Brescia alla fine della sua carriera, nella stagione 07-08 con Serse Cosmi allenatore. Era ed è un grande motivatore. Anche a Brescia ci aveva trasmesso una mentalità non banale, in campo. Si vedeva che aveva un percorso importante alle spalle e che ne avrebbe avuto uno importante davanti».

Insomma, Possanzini crede in Tacchinardi. E anche la scelta societaria di schierare tanti giovani non lo vede assolutamente contrario. D’altronde lui, che era allo Shakhtar Donetsk con un altro ex bluceleste come Roberto De Zerbi ed è dovuto scappare dall’Ucraina per la guerra, di giovani se ne intende. E anche se la sua prossima carriera non sarà più con l’ex fantasista del Napoli, è sicuramente convinto che sia lui che De Zerbi, da allenatori, privilegeranno i giovani: «Innanzitutto perché io sono tornato a Brescia - spiega il “Possa” - e mi sto sentendo con qualche Primavera intorno al Bresciano. Da Lecco non mi ha chiamato nessuno, tranquilli... Allenavo in Ucraina con Roberto De Zerbi, ho anche io il tesserino Uefa A, e a entrambi sono sempre piaciuti i giovani. Eppure anche in serie C la politica dei giovani è pericolosa, ma al contempo obbligatoria».

«I giovani devi anche farli giocare»

In che senso? Possanzini, ex “torello” bluceleste dell’attacco, spiega: «Devi farla questa politica, anzi la fanno un po’ tutti. Però un conto è dirlo, un altro è applicarla seriamente. I segnali che stanno mandando dal nazionale parlano tutti di privilegiare i giovani. Ma poi se la si mette in pratica, questa politica, e li si fanno giocare, le società devono essere disposte a sbagliare, a far qualche risultato sportivo in meno. I giovani a volte vengono messi dentro, poi appena sbagliano vengono tolti. Invece, un giovane non deve stare dentro per forza, per il minutaggio, ma per crescere e deve poter sbagliare…»

«Non bisogna sicuramente concedergli una partita e poi massacrarlo ed etichettarlo se la sbaglia - aggiunge -. E attenzione: io che ho avuto esperienze all’estero, dico che i nostri “giovani” sono non vecchi ma quasi. All’estero giocano titolari i 2002 e i 2003…».

«Come la finale di Champions»

Anche Possanzini fu un grande esordiente nel 1995/1996. Cinque gol e quel palo contro la Torres che lo fece uscire dal campo in lacrime: lo 0-0 condannò il Lecco a non entrare nei playoff che sarebbero poi stati raggiunti l’anno successivo, con la promozione in C1.

«Era il primo anno da “pro” per me. Avremmo disputato i playoff se invece di prendere il palo nei minuti finale, avessi segnato. Era una partita veramente importante, per me. La prima della carriera. Ero un giocatore di Interregionale, venivo da Recanati, quindi dal Torino Primavera, e quella mi sembrava una finale di Champions. Uno stadio che mi è rimasto nel cuore, il Rigamonti-Ceppi perché è proprio all’inglese. Per me Lecco è stata un’esperienza troppo bella, per cui gli auguro sempre ogni bene».

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