Lontano da casa la squadra smarrisce sicurezza

Le riflessioni dopo il match perso dal Lecco a Trento.

Il Lecco perde ancora in trasferta. Sarà un caso? No. Giustamente Foschi ha ricordato le assenze, importantissime. Ma non è che in casa abbia sempre avuto la formazione-tipo. E allora? Cosa cambia? La mentalità vincente. Non è stato un cattivo approccio quello del Lecco a Trento. Primi dieci minuti buoni. Poi, ai primi attacchi, l’arretramento. Lasciamo perdere la casualità dei due gol, derivanti da erroracci del Lecco. Fatto sta che in trasferta, al primo segno di baldanza avversario, i blucelesti si tirano indietro. Non giocano più da prima della classe.

Il che non vuol dire con presunzione, arroganza, sufficienza, ma con umiltà, cattiveria e agonismo. Ieri nel primo tempo le distanze tra i reparti erano enormi. Il Trento manovrava a suo piacimento dettando i ritmi. Il pressing inesistente. Poi, quando il Lecco ha capito di non aver più nulla da perdere ed è uscito dalla propria involuzione mentale, allora è uscita anche la sua forza.

Giocatori che nel primo tempo non si sapeva neanche più chiamare per cognome, sono tornati loro stessi: Girelli, Zuccon, Battistini, Celjak in primis… Più i subentranti. È un fatto tattico o tecnico? No.

È il mal di trasferta. Quella sensazione spiacevole che, quando ti attaccano, non sei tra le mura amiche. È come se perdesse sicurezze questo Lecco fuori dal Rigamonti-Ceppi. Comprensibile e assurdo al contempo, vista anche la presenza calorosissima dei tifosi blucelesti giunti in due-trecento a Trento.

Questo Lecco si merita di pungere anche nelle poche trasferte che mancano. Senza più forestiere remore psicologiche.

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